Paesi vuoti

In una giornata di fine luglio, io con gli amici Pellegrino, Renato e Sabino abbiamo sfidato il caldo torrido per un’altra visita in alcuni paesi irpini. Questa volta abbiamo unito il sacro e il profano. Ci siamo recati nella mattinata a Materdomini, al santuario di San Gerardo. Tutti noi mancavamo da quel luogo da molto tempo. Non abbiamo trovato la folla che ricordavamo  in passato. Quando vedi alle porte delle case il cartello “si vende”, è il segno tangibile che la gente va via. Anche in chiesa solo poche persone, che si contano su una mano. Fortunatamente un leggero vento attenuava l’afa ed era un piacere stare nello spiazzo antistante la chiesa.

All’ora di pranzo ci mettiamo in via per Calitri. Non c’è un santuario da visitare, ma un noto ristorante che cucina le migliori “cannazze”.

Nel pomeriggio, tutti d’accordo a visitare Cairano. In paese non c’è quasi nessuno. Un signore seduto davanti all’abitazione ci invita a spostare la macchina, perché occupava due posti del posteggio.  La chiesa parrocchiale è chiusa. Arrivare in alto, dove un tempo sorgeva il castello, non ce la siamo sentita. Cinquecento anni fa il paese doveva essere abitato da gente in salute, per poter salire e scendere lungo quelle viuzze. Un anziano proprio non lo vedevo lì.

Più di quarant’anni fa, cioè prima del terremoto del 1980, il ,paese era interessante per i ritrovamenti  di età preistorica. ” L’economia del paese moderno è esclusivamente fondata sull’agricoltura, in un paesaggio che sembrerebbe più adatto all’allevamento e che paga, in questo senso, senza una colpa, il prezzo di scelte sbagliate, fatte molto tempo addietro e molto lontano… La scuola elementare, un bar ed un solo negozio-emporio (che vende di tutto tranne la carne, che nessuno potrebbe acquistare in misura tale da giustificare l’esistenza di un centro di distribuzione), costituiscono la totalità dei “servizi”. Il paese, per necessità privato per lungo tempo delle sue energie giovani dalla massiccia emigrazione, le vede ora ritornare senza poter loro offrire nulla di più che al momento della partenza. Dimenticato nella sua terra, a sua volta dimenticata, sarebbe ormai un paese morto se non fosse per l’estrema vitalità della sua gente. (Gianni Bailo Modesti, Cairano nell’età arcaica- l’abitato e la necropoli, Napoli 1980)

“Nel tardo medioevo l’Italia è una delle aree più urbanizzate d’Europa. Le sue coste, la dorsale appenninica, la fascia peri-alpina, le pianure ospitano un grande numero di centri minori, terre, borghi, castra, ‘quasi città’. Molto vari per consistenza demografica, articolazione sociale, dinamismo economico, questi insediamenti costituiscono nel loro insieme un elemento caratterizzante, costitutivo dell’identità storica italiana: un suo ‘carattere originale’,” (F. Lattanzio-G. M. Varanini a cura di , I Centri Minori Italiani nel Tardo Medioevo, Firenze University Press 2018).

Oggi è rimasto un unico bar in paese. Il  suo gestore, dall’aria sorniona ma molto attenta e scrutatrice, con poche parole ci comunica il suo sconforto per la situazione del paese che va sempre più peggiorando, malgrado proclami e programmi. Anche per Cairano, non si può programmare il futuro se non si conosce come eravamo. Il barista, però, non demorde. Sta ancora dietro il bancone del bar in attesa di avventori, che dovrebbero arrivare tutti lo dicono, ma dove siano nessun li vede.

Virgilio Iandiorio

Paesi vuotiultima modifica: 2022-08-30T10:12:49+02:00da manphry
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