Il Topo nato nella cesta di Noci

Si racconta (non so quando ho letto questa favola) che un topo, essendo nato in una cesta di noci, si pasceva allegramente di noci, e credeva di esser felice , non sapendo che vi fosse un altro mondo, e non solo quello delle noci . Quando poi una volta uscì dalla cesta, trovò formaggio, prosciutto, salami , e cento cose molto migliori, che le noci . Noi sappiamo veramente che vi è un altro Mondo; ma sappiamo ancora che, se vi è assai meglio delle nostre noci, vi è ancor molto di peggio. Siamo convinti, che la nostra condotta declina verso il peggio col troppo amore verso le noci; e perciò temiamo di esser mandati a roder le ghiande.
Una favola buona per i nostri tempi. Il fatto è che noi speriamo, e lo diciamo anche ad alta voce, che vogliamo un mondo assai migliore di questo, ma abbiamo, in cuor nostro, la paura che possiamo incontrarne ancor molto di peggio. E così, meglio lo status quo, che mettere la testa fuori dalla cesta di noci, quella della favola s’ intende.
Le noci, come si sa, fanno rumore appena le tocchi. Restando, però, nella cesta insieme con esse, siamo costretti a fare rumore e a provocarlo con movimenti anche leggeri. E come quelli che non sanno fare niente, non hanno nulla da dire, ma vogliono esistere mediaticamente, si prendono a cuore i temi alla moda, quelli che fanno audience. Il poeta di Bonito (Avellino) Luigi Cassitto (1829-1888) preannunziò in simpatici versi in napoletano questa diffusa tendenza: Pecché, chille vierze che non fanno remmore / e che non sonano/ dint’a le recchie / songo fetecchie./ Chille che fanno quarche bottecella / o sia che sparano / songo le bomme / so tricche –tracche / E chille po’ che fanno fracasso /senza spiegareve/ lo ché e lo comme.
Chiunque critichi o metta in evidenza la deriva a cui sta portando il “politicamente corretto” , diventa de facto un misogino, razzista ed elitario. Si distoglie così l’attenzione dai veri problemi di fondo (disoccupazione, precarietà, debito, corruzione). E perciò cerchiamo tutto ciò che da vicino e da lontano apre alla distruzione della nostra cultura.
Negli ultimi quarant’ anni siamo stati indotti ad agire secondo le tre D: derisione, decostruzione, distruzione dei nostri paesi, in nome dei grandi ideali, ovvero l’Europa, l’apertura al mondo, il progresso. E non vogliamo tenere conto che “La cultura europea è quella che cerca una trascendenza e la prende sul serio. Che rifiuta di contentarsi del fenomenico o dell’accidentale. Che cerca l’essere dietro gli esseri e l’idea dietro le cose e l’eternità dietro il tempo.. E’ la “grande separazione” questa operazione contemporanea che consiste nel fabbricare un uomo nuovo, separato dalla sua storia, dalle sue origini e da tutta la determinazione, che sia naturale o culturale…L’avvento dell’individuo portato dal triangolo del diritto, della tecnica e del mercato, promette a ognuno di diventare un piccolo Dio (Chantal Delsol, 2008).
Forse giova rileggere quello che scriveva Gorgia ( Lentini 483 a. C.-Larissa 375 a.C.) discepolo di Empedocle e uno dei maggiori sofisti:” Quanti persuadono e persuasero infinite persone su infiniti argomenti, inventando un menzognero discorso! Se su ogni cosa ognuno avesse il ricordo del passato, la conoscenza del presente, la previsione del futuro, il discorso, pur essendo uguale, non ingannerebbe così. Ora invece non è facile né ricordare il passato né considerare il presente né indovinare il futuro. Cosicché nella maggior parte dei casi i più offrono all’anima l’opinione come consigliera. E l’opinione, che è fallace e malsicura, coloro che la usano circondano di incerta e malsicura felicità.”
Virgilio Iandiorio

Il Topo nato nella cesta di Nociultima modifica: 2016-10-14T22:36:50+02:00da manphry
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