La Storia e la Speranza.

Il 6 dicembre di ventitré anni fa, morì Don Nicola Gambino. Il parroco archeologo, come veniva definito dai suoi estimatori, se ne era andato via proprio nel giorno del suo onomastico. Capita spesso con i miei amici, di parlare di Don Nicola e di ricordare dove e quando l’avevamo incontrato, avevamo parlato con lui. Se, oggi, ne parlo è perché la sua presenza la sento vicina, come se non fosse mai andato via.

“Aggiungi ancora – diceva il poeta Giovanni Darcio– che i volti  rimangono impressi nel cuore memore/ e anche se visti una sola volta, non si dimenticano mai”. Lo scriveva mezzo millennio fa, questo  poco conosciuto poeta di Venosa. E diceva una bella verità, perché le persone che abbiamo avuto amiche e apprezzato in vita, rimangono sempre con noi, accanto a noi.

Don Nicola aveva il culto dell’amicizia. “La tua modestia potrà non essere contenta che io parli di te con la carta stampata ad un pubblico certamente più vasto di quello di Rocca S. Felice. Ma l’amicizia non si può tacere, perché è il bene più grande che uno riesce a conquistarsi. E se l’amico è un prete? C’è una ragione in più per parlarne”.  Don Nicola così scriveva nel 1982 nel fare gli auguri , per i suoi venticinque anni di sacerdozio, a Don Pasquale Di Fronzo, allora parroco di Rocca S. Felice

Don Nicola parroco di Rocca S. Felice negli anni ’50, intraprese l’ambizioso progetto di riscoprire la Valle d’ Ansanto. E richiamò in quegli anni l’attenzione di famosi archeologi italiani, come Amedeo Maiuri. La passione della ricerca storica non è “esercizio erudito per raccogliere le notizie meno note o più curiose della vita paesana del passato. Ma è lo sforzo di penetrare attraverso fatti episodici nell’animo del popolo al quale appartengono. L’individualità del paese oltre che spiegare anche la nostra indica pure la corsia preferenziale sulla quale camminerà lo sviluppo futuro ed il miglioramento morale, religioso ed economico del popolo. Insomma il passato illumina il nostro futuro, poiché questo è già cominciato ieri nonostante che noi pretendiamo collocarci come uno spartiacque tra due epoche. Invece siamo solo degli osservatori o degli inviati speciali per rendere conto della direzione e della speditezza del cammino di un popolo.

Non riusciamo ad essere degli osservatori freddi ed imparziali dei fenomeni popolari, poiché come fisicamente siamo condizionati dall’ereditarietà della famiglia così culturalmente lo siamo del nostro paese.

Ecco perché il nostro modo di scrivere storia non è mai distaccato ed estraneo, ma ne siamo coinvolti sino ai capelli. E’ vero che tale situazione non deve manipolare il giudizio che possiamo esprimere, ma è altrettanto vero che uno studioso di storia locale non può parlare o scrivere senza un particolare calore, anzi con affetto”.

Per Don Nicola lo storico locale è la voce della speranza della comunità. Perché una cultura vera fa acquisire un nuovo modo di stare insieme, facendoci riscoprire quello che ci unisce non quello che ci divide.

La Storia e la Speranza.ultima modifica: 2023-12-21T13:30:23+01:00da manphry
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