L’itinerario di Nicolò Franco

Si può prendere Dante a modello? Voglio dire, si può immaginare di fare un viaggio come il suo? Cinque secoli fa, ci provò  il poeta e scrittore beneventano Nicolò Franco, che per intingere la sua penna nella satira contro famiglie potenti del suo tempo, finì non in tribunale ma sulla forca a Roma per oltraggiose offese.

Nel suo Epistolario, raccolta di lettere su vari argomenti indirizzate a personaggi noti e meno noti, e pubblicato a Venezia nel 1539, l’autore beneventano ne scrive una indirizzata alla Lucerna, la lampada ad olio, con la preghiera:” Deh cara lucerna mia, se iniquo vento no spiri mai contrario a la tua luce, e se con la vista ci sia concesso da i fati sormontare al cielo, al pari del più rilucente occhio, che tiene il giorno”. E da essa riceve una lunga risposta. La Lucerna, cioè Nicolò Franco, narra il suo viaggio non nei regni dell’oltretomba, ma sulla terra, dove  l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso si ritrovano nelle forme quotidiane della vita.

In questo viaggio nel mondo notturno, la Lucerna incontra per prima le donne, muse ispiratrici  dei poeti, ma di bellezza solo esteriore.” Mi veggo guidare per laberinthi, per caverne, per baratri, per buche, e per profondamenti tanto horribili che non puote essere si sporco corpo, che non ributasse  gli occhi in vedere l’abbominevole schifezza loro”.

Che dire degli osti, dei sarti, dei mercanti. Ma la lista è lunga. Ci sono tutte le categorie sociali a combinare nottetempo imbrogli nelle loro attività. Sembrerebbe che da quest’Inferno, non si salvi niente. Eppure un Eden si trova anche sulla terra. E’ il mito dell’Arcadia che non ha mai abbandonato la cultura occidentale, la vita umile e onesta dei campi:” Veggo Allegrezza, che dispersa la maninconia in tutto, attende a sonar sampogne con la melodia di sì dolci canzoni, che i greggi, e gli armenti par che saltino, scherzino, e giostrino al suono, et al canto suo. Vo più oltre, e mentre bolle l’ansia di vedere, vo per lo mondo di cerchio in cerchio peregrinando. Non m’occorre cosa che mi contenti”.

“il mio peregrinaggio fatto fino a quest’hora, perché senza scrupolo potrebbe essere,  che nel fin del camino, giungesse a parte , ove mi fusse di bisogno dar conto di ciò che ho visto per testimonianza di quel ch’io mi sia. Il che non facendosi, facilmente le maligne calunnie, che hoggi son favorite per tutto, mi potrebbeno o condannare a morte, o in qualche eterna et oscura prigione, non senza penitenza de i perduti passi”

Alla fine del viaggio, un tempio con due porte, che apertisi mostrano il suo interno. Il potere politico con in testa Carlo V e una schiera di nobili, uomini e donne, amici stimatissimi del poeta. Ma è all’altra schiera, quella guidata dall’Eternità e dalla Fama, che il poeta si indirizza.” Comincio e con piacevolezza, e con prontezza , a far conoscere , ch’io non son qualche Lucerna da dovero, né da stuppino , come forse s’imaginano, et qual’ io mi sia, posso comparire fra tante lampe, e lampane”. Non ha paura il poeta di  presentare le sue opere, perché  la poesia si affida al “Vangelista Ovidio, che dice il vero”. Alla fine la Fama “pigliandomi per la mano , fa discostare tutti le torce, che accese le stanno intorno: e vuole ch’io stessa faccia luce a la Fama, mentre li legge”.

E i poeti ” quando volendo scriver la vita , ch’è la più cara cosa ne l’huomo, la finsero co ‘l carattere di una Lucerna: mostrando che tanto l’huom vive, quanto il lume vitale, e l’humor sempiterno de la sapienza, gli danno il cibo”.

Virgilio Iandiorio

L’itinerario di Nicolò Francoultima modifica: 2022-01-16T18:55:35+01:00da manphry
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