Il senso delle parole

La chiusura forzata in casa per l’imperversare della pandemia è diventata in un certo senso una ricerca di parole e immagini di un passato che si credeva irrimediabilmente perduto.

Mia nonna materna quando voleva augurare prosperità e benessere a qualcuno diceva:” Ti pozza ascì o sole nnanzi!”. Stava  a significare che il tuo cammino sarebbe stato sempre nella luce del sole, e metaforicamente nel bene.

Quando mi invitava a non aspettare aiuto dagli altri, ma di provvedere con le proprie forze al proprio futuro, diceva:” nisciuno ti rice, laviti a facci peché pari chiù bello”. Voleva mettere in guardia dall’invidia che sempre è in agguato.

Se da bambino facevo i capricci e non volevo mangiare la cena, mia nonna paterna non ricorreva alle punizioni ma  cantava la filastrocca:” Chi ingagna, ‘n terra rascagna/perde la cena e nulla guaragna/  tutta la notte rasca e sputa/ cena mia a do’ si ghiuta”. E alla fine qualche risultato  otteneva, perché il bambino capriccioso, cominciando a sentire i morsi della fame, desisteva dal volontario digiuno.

I ragazzi erano soliti giocare agli indovinelli, che, però, erano fatti dagli adulti. Perché non si spiegherebbero doppi sensi e riferimenti sessuali. Come l’indovinello del pettine:” Vengo da Montemarano/ co’ tanto no coso mano/ vago dalla mia sposa/ e o metto nella pelosa”. Naturalmente il riferimento a Montemarano è solamente per esigenze di rima. Che dire poi dell’aritmetica imparata contando le dozzine con le fragole al posto dei numeri:” A li uno/ a li rui/ a li tre/ cancelle/ fraole/ belle/ bimbo/ limbò/ contale/ bone/ che durici/ so”. E così si contavano le carte quando si giocava.

Non mancavano episodi al limite della credibilità. Un anziano signore del mio paese, era dato per morto da tutti i suoi familiari che erano accanto al letto dove giaceva  ammalato. Tutti si davano da fare a preparare la camera del defunto. Un nipote si precipita con pennello e rasoio per radergli la barba, sarebbe stato sconveniente che il morto si presentasse con la barba incolta alla gente venuta per le condoglianze. Mentre radeva la barba, il nipote  si accorse che il nonno  muoveva i mostacci . O Dio! Non era morto. Subito a sparecchiare la stanza e rimuovere candele e candelabri. Il creduto morto aprì gli occhi e la prima cosa che chiese: “Che ha fatto l’ Italia?”. Quella sera, infatti, giocava l’Inter per la coppa campioni;  per lui una squadra italiana che giocava in Europa, era come la nazionale di calcio.

Un altro anziano, famoso per le sue scorregge,  una sera con un suo peto spense la fiammella di una lanterna.

Eppure ci sono momenti in cui l’ingenuità e spontaneità della gente  raggiunge le vette della poesia. Un contadino del mio paese preoccupato per la neve che cadeva e non poteva andare a lavorare nel suo campo, se ne uscì con questa imprecazione:” Pozza fa tanta neve, che e galline anna pizzulià e stelle”. Chi avrebbe mai pensato di paragonare il firmamento ad un’aia sconfinata, su cui le stelle sono sparse  come il becchime per galline?

Come non dar ragione a Giovan Battista Vico, quando sostiene che nell’età eroica dell’umanità l’uomo” alle cose insensate dà senso e passione, ed è proprietà dei fanciulli di prender cose inanimate tra le mani e, trastullandosi, favellarvi, come se fussero, quelle, persone vive. Questa degnità filologica-filosofica ne appruova che gli uomini del mondo fanciullo, per natura, furono sublimi poeti (Scienza Nuova, Degnità XXXVII).

Il senso delle paroleultima modifica: 2021-12-12T23:18:38+01:00da manphry
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