La sopravvivenza degli abbandonati nel romanzo di E. Shafak (Prima parte)

 

Quand’ è che si può dire che una persona è morta? “Tutti pensiamo di trasformarci in cadaveri nel momento stesso in cui si esala l’ultimo respiro: invece il distacco non è così  netto. Proprio come ci sono innumerevoli sfumature tra il nero e il corvino e il bianco abbagliante, così esistono varie tappe di questa faccenda detta “eterno riposo” (p.16). Sono proprio questi momenti ultimissimi, soltanto 10 minuti e 38 secondi, nei quali “Benché il cuore avesse cessato di battere, il cervello resisteva, guerriero fino alla fine: in uno stato di intensa consapevolezza, osservava il venir meno del corpo ma non era pronto ad accettare il proprio” (p.23). Le parole sono tratte dal romanzo di  Elif Shafak, scrittrice turca ma residente a Londra, intitolato  “I miei ultimi 10 minuti e 38 secondi in questo strano mondo” ( traduzione italiana Rizzoli 2019): quasi la proiezione dii un film ad episodi, scanditi dall’ intervallo di tempo tra la morte del cuore e quella del cervello.

La protagonista è Leila Tequila, il soprannome le viene dato nell’ ambiente della via dei bordelli di Istanbul, in cui trascorre buona parte della sua esistenza.  Nata a Van, una cittadina della Turchia orientale ai confini con l’Armenia, Leila  approda nella città del Bosforo, dove vive prostituendosi e dove troverà la morte.

La Shafak tratta argomenti scabrosi con  delicatezza di scrittura, e le parole  sanno rendere appieno i sentimenti.  Nessuna concessione all’ osé, né alla pruderie.

Perché  questo “strano mondo”? Che cosa c’è di strano nella nostra esistenza? La risposta a questi interrogativi, che al lettore potrebbero venire spontanei, si trova  nei pensieri della protagonista, che la Shafak, abile regista della scena, sembra leggerle nella mente: “Leila aveva capito che i sentimenti teneri vanno sempre nascosti, che erano cose da rivelare solo a porte chiuse e di cui non parlare mai, dopo. Fu questa l’unica forma d’amore che apprese dagli adulti, e quell’ insegnamento avrebbe avuto conseguenze terribili” (p.60).

Il tempo residuo dell’ esistenza di Leila  viene scandito dai ricordi significativi. Il primo è quello della sua venuta al mondo, con tutti i significati, che a questo evento la cultura del suo paese attribuisce.

La bimba appena nata venne data, perché la crescesse, all’ altra moglie di suo padre. Così la madre naturale divenne ufficialmente la zia. Di quel passato il suo cervello assapora anche gli odori.  La visione si integra con l’ olfatto.

Fin dalla sua infanzia Leila non aveva accettato la sua condizione di donna, nata per  rimanere sottomessa ai genitori e alla sua famiglia. L’aveva provato quando a sei anni suo zio quarantenne, fratello del padre, aveva abusato di lei. Crescendo aveva tanta  voglia di evadere dall’ ambiente familiare. E appena aveva potuto, era scappata via.

Virgilio Iandiorio

La sopravvivenza degli abbandonati nel romanzo di E. Shafak (Prima parte)ultima modifica: 2020-03-03T12:39:23+01:00da manphry
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