Ricordando Nicola Gambino

Sono trascorsi vent’anni dalla morte di Don Nicola Gambino avvenuta il 6 di dicembre 2000 (era nato a Fontanarosa, provincia di Avellino, nel 1921). Morire nel giorno del proprio onomastico può sembrare un segno del destino, ma per un cristiano, la morte è la nascita della nuova vita. Non a caso, per la Chiesa il giorno della morte dei santi è  il giorno della loro festa.

Ho conosciuto don Nicola Gambino alla fine degli anni settanta, quando cominciai la mia collaborazione alla rivista Civiltà Altirpina, che, diretta per dieci anni da Gennaro Passaro, era l’organo ufficiale dell’ Associazione F. De Sanctis, promossa dall’allora parroco di Rocca S. Felice (AV) don Pasquale Di Fronzo.

Eravamo negli anni precedenti il terremoto dell’Irpinia del 1980, e si voleva dare voce ad una realtà territoriale, già allora avviata ad una lenta decadenza. Purtroppo ancora oggi, a quarant’anni dal tragico evento, non si smette di pestare l’acqua nel mortaio della retorica a buon mercato.

Don Nicola è stato un parroco cultore di storia e di archeologia. E ovunque venne chiamato a svolgere il suo compito di pastore delle anime, svolse il suo lavoro fondendo insieme la missione religiosa e l’elevazione culturale dei parrocchiani. E così a Rocca San Felice, a Mirabella, a Candida e ad Avellino, con l’incarico di Vicario del Vescovo, ha lasciato i segni di questo suo interesse per la storia delle comunità.

Chi si dedica alla storia locale della provincia irpina, certamente incontrerà dei lavori di don Nicola, perché i suoi interessi erano vari e affrontavano temi   cari alla storiografia europea più attenta e più interessata alla vita vissuta della gente.

Mons. Gambino aveva le idee molto chiare sul modo di fare storia locale. Mi ripeteva spesso che la storia anche dei piccoli  paesi non poteva essere il lavoro di una sola persona, ma di una equipe; e, non secondario, che occorreva chiarezza nell’esposizione di eventi e personaggi. Perché la narrazione era diretta alla comunità tutta. Mi raccontava di quando, parroco di Rocca S. Felice, cercava di far capire l’importanza della conservazione e della custodia dei reperti, soprattutto di quelli della Valle d’Ansanto, che venivano fuori nel lavoro dei campi ed erano più accattivanti per i mercanti di oggetti antichi. “Tu hai anche guadagnato qualche migliaio di lire – soleva dire ai contadini del paese-, ma vendendo anche un coccio antico, hai privato il tuo paese di una testimonianza che non ha un valore venale, ma culturale immenso”.

Dopo l’esperienza di Vicario diocesano, si ritirò a Santa Caterina di Mirabella Eclano. E lì scrisse il suo ultimo libro, su Raimondo Guarini (1765-1852) il sacerdote archeologo studioso della sua città, Aeclanum . Aveva già  preparato il file del testo, che aveva in animo di stampare; ma la morte non gli consentì l’edizione. I suoi nipoti vollero affidarmi il compito di rivedere tutto il lavoro e di pubblicarlo. Fu per me una sorpresa, quando lessi sul frontespizio del dattiloscritto questa dedica:” Ai giovani di Mirabella Eclano dono questo lavoro, rimasto in attesa nel mio pensiero ben cinquant’anni, ma che ora cammina con l’aiuto e le cure degli amici Gennaro Passaro e Virgilio Iandiorio, perché non entri nell’anonimato della vostra biblioteca, ma diventi uno stimolo per voi per accompagnarvi a fare la prima esperienza di patria da amare e da servire”.

Sono parole di chi possiede la capacità di guardare lontano, aldilà delle domestiche mura, perché ha la consapevolezza che il miglioramento delle condizioni sociali è affidato soprattutto alla crescita culturale.

Virgilio Iandiorio

 

Ricordando Nicola Gambinoultima modifica: 2020-12-09T23:51:54+01:00da manphry
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