Le parole e lo spreco

L’anno nuovo è cominciato. Si spera sempre che i mesi che verranno siano migliori di quelli ormai passati; ma le prospettive non sono rosee. E per restare nell’ ambito della carta stampata, come si diceva una volta, nuvole nere si addensano all’ orizzonte.

Gli attuali governanti si sono accorti, aritmetica alla mano, che lo Stato sperpera molti soldi in sostegno di tanti piccoli giornali, tanti piccoli editori. Sono in molti che plaudono all’ iniziativa del taglio delle spese inutili. Il ragionamento è quanto mai lineare: se tu sei un imprenditore, anche piccolo, e non riesci a ricavare dal tuo lavoro i soldi per tirare avanti, non è giusto che tu riceva contributi.

Bisogna riconoscere che ogni qualvolta c’è una qualche elargizione da parte dello Stato o di altri Enti pubblici, non mancano mai degli abusi e delle deviazioni. Anche la buona intenzione di aiutare i terremotati può avere effetti collaterali poco edificanti.

Erano tutti spendaccioni quei governanti, re, principi e imperatori, che nel passato, quando i libri erano manoscritti, hanno dato ospitalità a poeti, scrittori, artisti e scienziati? Provate a immaginare che cosa sarebbe diventato Orazio, il venosino, se non avesse avuto l’aiuto di Mecenate, e l’Alighieri quello degli Scaligeri di Verona, o l’Ariosto quello degli Estensi di Ferrara. Ma questa è altra storia, mi si potrebbe dire. Oggi, infatti, ci sono i grandi gruppi editoriali: quelli sì, che sono imprenditori e vivono del loro.

Per l’editoria, per la stampa in genere, gli effetti perniciosi sono altri ancora: tappare la bocca a quanti dicono e scrivono cose non gradite al manovratore della vaporiera; favorire, consapevolmente o inconsapevolmente, i grandi gruppi editoriali.  A meno che non ti uniformi al pensiero unico, beneficiando di tutti i vantaggi che questo comporta.

Una soluzione semplice e apparentemente indolore, recuperare risorse togliendole al superfluo. Strumento semplice per eliminare un problema, soprattutto quando questo può arrecare fastidio. Gli attuali governanti non conoscono il paese che governano, ma avendo intorno una schiera di plaudenti, sognano  l’immortalità in una nazione che  si spegne lentamente sotto i colpi di decreti inutili e dannosi. Discorsi e odi che sembravano appartenere ad altra epoca, sono ritornati prepotentemente alla ribalta. Le denunce infuocate, e a colpi di “vaffa”, contro i mostri della corruzione, dei monopoli ecc., in difesa della povera gente, erano soltanto funzionali alla creazione di un potere da concentrare nelle mani di pochi. Si inneggia al popolo per trasformarlo in plebe; così diceva uno che di queste cose se ne intendeva.

Un gran numero di parole “neutre” ha assunto una connotazione denigratoria. Si pensi alle parole “casta” ( dall’ aggettivo latino castus «casto» puro), “élite” (dal latino eligere  “scegliere”, anche “eleggere”), che sono diventate  parole di condanna non solo, ma rappresentano una minaccia per il popolo.  La “lotta allo spreco” nell’ editoria  è  un eufemismo per dire “tappiamo la bocca” a chi non la pensa come noi. Invece “innocue” le parole paura, bugia, manipolazione, violenza, risentimento, mediocrità,  ci scivolano addosso.

Il giornalista, protagonista di un  racconto di Sergej Dovlatov (1941-1990), al comitato che gli dice:” Le concediamo una possibilità di emendarsi. Vada in fabbrica, diventi un cronista del lavoro. Rispecchi nei suoi articoli la vita autentica .

A quel punto non ho più resistito:

– Se racconto la vita autentica, finisco davanti al plotone d’esecuzione senza processo!

Virgilio Iandiorio

Le parole e lo sprecoultima modifica: 2019-01-13T20:47:22+01:00da manphry
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