In questa Italia delle stranezze, a cui ci stanno abituando gli attuali governanti, la pubblicità dei prodotti made in Italy è martellante su tutti i mezzi di comunicazione, televisione in testa. E viene veicolato il messaggio subliminale che solo quello che si produce da noi è buono e da preferire, “a prescindere”. La cosa, non è innocua, perché tradotta in chiave politica, vuol dire che bisogna difendere “l’italianità” ad ogni costo contro i nemici esterni ed interni. Solo che ci si dimentica di essere italiani, quando si propone l’attuazione di una “separazione consensuale” tra le regioni. A quel punto non saprei che valore potrà avere dire di essere un cittadino italiano.
Si scopre l’acqua calda se diciamo che esistono diversità tra regione e regione. Il guaio è che siamo portati a fare delle classifiche; si capisce che nessuno vuole indossare la maglia nera dell’ultimo della classe. E allora via al botta e risposta; a improperi si risponde con improperi, ad offese verbali si risponde con offese verbali. Sembra di stare ai derby di calcio, quando i tifosi delle due squadre mettono in campo tutta la loro fantasia di provocazioni.
In queste settimane si è parlato molto dei migranti fermi su un barcone in mezzo al mare, perché non avevano dove poter approdare. Ci ha colpito il dramma dei bambini a bordo. E pensare che più di tre secoli fa il vescovo di Cesena, che veniva da Gravina di Puglia, nelle istruzioni sul battesimo ai fedeli della sua diocesi, è perentorio, ma senza buonismo, sull’ assistenza da dare ai neonati “senza patria” e senza casa.
“ E’ cosa per tutti i titoli esecranda, – scriveva il vescovo- che ne’ luoghi di questa Diocesi, specialmente in quei, che confinano colle altre Diocesi, si espongano la notte su le porte altrui i Bambini; posciacché taluni stimando vergogna l’accogliere detti Figliuoli esposti , li portano su le porte delle Case degli altri,- e così girando da una in altra porta per lo più se ne muoiono ,alle volte anche divorati da’ Cani. Sono queste empietà , che meritano il rimprovero di Geremia: (Lamentazione 4) Sed et lamiae nudaverunt mammam; Filia Populi mei crudelis,quasi struthio in deserto. Per tanto sotto pena di scommunica maggiore da incorrersi per lo solo fatto ( riserbata a noi, l’assoluzione ) comandiamo a qualsiasi persona , che accorgendosi, che detti Bambini siano così esposti , sia tenuta a portargli, o. farli portare immediatamente, e recto tramite al Parroco del luogo, al ,quale ordiniamo di. conferire non tardi il S. Battesimo alla Creatura ,consegnarla a qualche Donna ad allattare , e con opportuna occasione trasmetterla allo Spedale di questa Città. Ed affinché lo Spedale medesimo non venga ingiustamente aggravato con sopportare il peso delle altrui Diocesi , sotto la stessa pena di scommunica maggiore , da incorrersi per lo solo fatto , proibiarno agli esteri il portare nella nostra Diocesi i detti Figliuoli”.
Quel vescovo era Vincenzo Maria Orsini (1649-1730. Nominato giovanissimo vescovo di Manfredonia nel 1675, per contrasti con i funzionari del Regno di Napoli, si trasferì alla diocesi di Cesena nel 1680. Nella città romagnola, per il clima non a lui favorevole, rimase solo pochi anni, perché nel 1986 venne assegnato alla diocesi del capoluogo sannita. Fu arcivescovo della città di Benevento per 44 anni, e anche dopo l’elezione a pontefice, col nome di Benedetto XIII, volle restare, caso unico, alla guida della diocesi. Tenne ben 44 sinodi diocesani, in cui affrontava con il clero i problemi del suo popolo. Per grazia di Dio, guardava in faccia i suoi interlocutori; non c’era ancora twitter e facebook.
Virgilio Iandiorio