Quattro gatti.

E’ proprio vero che una cosa, quale che essa sia, può essere sempre paragonata ad un’altra? Che non vale più il criterio della commensurabilità? Vale a dire che sono commensurabili due entità che ammettono  un’unità di misura comune, come i chilometri e i millimetri; ma non lo sono le  mele e le pere. Su questo equivoco della politica attuale si sta giocando una partita dalle conseguenze gravi e imprevedibili per tutti noi.

Prendiamo le manifestazioni estive, che si tengono un poco da per tutto; una manifestazione vale per il numero dei partecipanti. Non interessa la qualità di quello che si propone, ma quanto numerosa è stata la partecipazione. Come nelle sagre di paese: buone o meno buone a seconda del numero degli avventori, non certamente per il menu  e gli spettacoli proposti. Il guaio è che questo modo di ragionare ha contaminato anche il campo squisitamente politico, dove dovrebbero valere criteri ben diversi, certamente non quelli solamente del numero.

Ricordate l’episodio del film Don Camillo e Peppone, quando il sacerdote da solo, perché  il sindaco gli ha messo contro tutto il paese, imbraccia il grande crocefisso e si incammina in processione;  cerca di allontanare con qualche pedata il cane randagio che gli cammina accanto. “Don Camillo -gli dice la voce dall’ alto- lascialo stare; così non si dirà che non c’era nemmeno un cane alla processione”. Quella scena, che ha fatto sorridere, non era poi così tanto fantasiosa. Oggi, infatti, non si ha pudore di dire: “La mia è stata una manifestazione politica oceanica. Alla tua c’erano quattro gatti”. Poveri gatti!

Quando si vedono adunate strabocchevoli ed esternazioni in pubblico di fedeltà e di affetto per personaggi politici, ho il vago sospetto che si giochi su un equivoco di fondo. La folla come garanzia, come legittimazione  del potere. E risulta difficile far capire anche a persone amiche che se ci preoccupiamo esclusivamente del numero, non potremmo proporre mai niente di valido. Alla sagra partecipano migliaia di persone, alla presentazione di un libro si contano sulle dita di una mano. La deduzione è disarmante, il confronto è tutto a discapito della seconda manifestazione.

L’idea che circola, e che può anche spiegare questi comportamenti, è che in un mondo di ladri, sia sufficiente trovare i malfattori per mettere le cose al loro posto. Il guaio è che ognuno di noi crede che il malfattore sia l’altro. Ragionamento estremamente ingenuo.

Ad una crisi eccezionale,  come quella che stiamo vivendo nel nostro paese, si cercano rimedi altrettanto eccezionali, almeno nelle intenzioni di chi ha la responsabilità di raddrizzare la barca della nostra economia. Si prova a dire nel modo meno compromettente la parola che nessuno vorrebbe pronunciare: sacrificio.

In tempi più vicini a noi, siamo stati più volte chiamati a fare dei sacrifici; e così il sacrificio nella sua accezione religiosa è passato a significare “concorso straordinario del cittadino alle spese pubbliche”. Il cittadino che rinuncia a qualcosa di suo per un fine nobile: contribuire alle spese dello Stato. Nessuno, però, è disposto a fare sacrifici per inseguire  chimere e fantomatici programmi.

Governare, amministrare non è la stessa cosa che organizzare una sagra di paese. La storia delle religioni ci insegna a distinguere tra un tempo profano, destinato alle azioni utili, e un tempo sacro, destinato alla non-azione, o all’azione rituale e dunque non-utile. Se si confondono i due momenti, pericoli seri si affacciano all’orizzonte.

Quattro gatti.ultima modifica: 2018-11-23T17:51:32+01:00da manphry
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