Sogni veri dei giorni nostri.

Mi piace riportare quello che ho visto in sogno qualche notte fa. Io stavo così placidamente immerso nel sonno, che ero quasi per passarmene ai sogni, quando fui scosso all’ improvviso, e mi si parò davanti uno, il quale, e con parole di rimprovero, “e con istanza mi sollecitava ad udire se fosse per aggradirmi anche l’opinione di quelli, che al presente studiano di persuaderci nuove dottrine”.

Nel sogno, mi trovavo con amici a discutere familiarmente di questi gravi momenti politici che in Italia stiamo vivendo, e uno di essi ,che si esprimeva in latino, precisò “de effreni ista licentia quae sub libertatis larva undique grassatur” (di questo sfrenato arbitrio che sotto l’apparenza di liberà ovunque imperversa).

Dopo poco ci avvicinammo all’Isola dei Sogni, che appariva e scompariva, proprio come un sogno. Ma la raggiungemmo. Su di essa,  una città, con alte mura, colorate  come i colori dell’iride. Essa ha quattro porte: due sono rivolte verso il Campo della Stupidità, una di ferro, un’altra di terracotta, per le quali si diceva che entrassero ed uscissero i sogni terribili, micidiali, crudeli; le altre due porte danno verso il porto e il mare, l’una di corno, l’altra, per la quale noi passammo, d’avorio. Chi entra nella città trova a destra il tempio della Notte, che, di tutte le divinità, è la più venerata, e il tempio del Gallo, che si trova presso il porto; dalla parte sinistra si trova la reggia del Sonno. Il re dunque regna là con due satrapi, o consiglieri da lui eletti, il primo dei quali è Tarassione ( (il confusionario ) figlio di Meteogene  ( Vaniloquio), l’altro è Ploutocle ( l’Arricchito)  figlio di Fantasione  (il fantasticatore); nel mezzo della piazza vi è un fonte, che chiamano Careotide (l’assonnata). ivi sono altri due templi, uno della dea Apathe, l’altro di Aletrhia, o pure come altri dicono, uno della Menzogna, l’altro della Verità, nell’ uno e nell’ altro  vi è  il santuario, da cui si riportano gli oracoli.e a questi sta per sopraintendente Antifone, che come Istrione de’ sogni, meritò d’ottener questo  onore dal re Sonno.

Gli umani del popolo dei sogni non erano d’una stessa etnia né d’uno stesso aspetto, ma quali erano lunghi, dolci, belli, piacevoli; altri piccoli, tozzi, brutti; alcuni tutti ricoperti d’ oro e ricchi; altri poveri e meschini. C’erano di quelli con le ali e altre strane figure; alcuni vestiti sfarzosamente, chi da re, chi da esseri divini, e altri con altri ornamenti. Ne riconoscemmo parecchi, che già avevamo visti nel nostro paese. Costoro ci vennero incontro, ci salutarono, come si fa tra vecchi amici; ci presero per mano, ci vollero ospiti; ci fecero riposare, ci trattarono con grande sfarzo e magnificenza. Ci promisero, infine, di farci re e satrapi.

Spesso siamo soliti dire che la realtà vince sulla fantasia, e non saprei dire se è più vero il racconto , che ho qui riproposto, adattandolo, di Luciano di Samosata (Storia Vera) o quello che vediamo e ascoltiamo quotidianamente. Prendete gli spettacoli televisivi, tutti solleticano la curiosità per  vicende familiari di gente comune, con tutti gli spettatori diventati concorrenti alla gara delle parole o tutti  detective a scoprire l’autore dell’ultimo efferato delitto. Tutto questo contribuisce a farci vivere in un’ atmosfera di sogno, dove regna la confusione, il vaniloquio e la testa tra le nuvole.

Vorremmo che anche questi momenti, certamente poco propizi, avessero la proprietà dei sogni: tutti vengono e vanno, tutti passano e non si fermano; né ve ne ha fra tutti pur uno, che al sogno non si assomigli, perché ognuno ci sfugge di mano, quando più ci pare di averlo stretto.

Virgilio Iandiorio

Sogni veri dei giorni nostri.ultima modifica: 2018-11-23T17:44:20+01:00da manphry
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