Conti nostri

Nelle lettere Italiane non fanno certamente difetto i Conti. Alla scuola secondaria abbiamo incontrato il conte Vittorio Alfieri, il conte Giacomo Leopardi, il conte Ugolino, all’Inferno. Li abbiamo visti anche “a colori” il Conte Rosso (Amedeo VII di Savoia), il Conte Verde (Amedeo VI di Savoia), e il Conte di Montecristo. Insomma abbiamo incontrato tanti Conti.

Eppure di uno, il ricordo è incancellabile: il conte di Culagna, protagonista del poema di Alessandro Tassoni La secchia rapita. Una guerra, al tempo di Federico II, scatenata dai bolognesi contro i modenesi, colpevoli di aver rapito una secchia di legno. Il poema, composto di 12 canti in ottava rima, fu pubblicato nel 1622; tra i personaggi principali c’è il Conte di Culagna; ma per Tassoni è un conte particolare.

Fa il suo ingresso in scena, quando le milizie sono pronte schierate in campo per la battaglia:

E ‘l primo c’apparisse alla campagna,/ Fu il Conte della rocca di Culagna./ Quest’ era un cavalier bravo e galante,/ Filosofo, poeta e bacchettone;/ Ch’era fuor de’ perigli un Sacripante,/ Ma ne’ perigli un pezzo di polmone./ Spesso ammazzato avea qualche gigante,/ E si scopriva poi, ch’era un cappone:/ Onde i fanciulli dietro, di lontano,/ Gli soleano gridar: Viva Martano. (personaggio dell’Orlando Furioso, c. XVII, famoso per la sua codardia).

Nell’edizione del poema, nel 1744, viene riportata la lettera ai lettori di Gaspare Salviani. Provate a togliere dal cognome una sola lettera, e otterrete quello del personaggio politico sulla cresta dell’onda Salvi(a)ni, e vedrete come le parole della lettera sembrano dirette a noi lettori di oggi:

” Quest’Opera, chi ben la considera, è tessuta in maniera, che non le manca parte alcuna di quelle che circa la materia e lo stile si richieggono a perfetto poema grave e burlesco. E non è un panno, come disse colui, tessuto a vergato [a strisce di colore diverso]; o, come disse un altro, una livrea da Svizzero: ma è un drappo cangiante, in cui mirabilmente risplendono ambidue i colori del burlesco e del grave. Il comporre come si deve, richiede l’arte e la natura insieme. Però vaneggiano coloro che senza natura e senz’arte, si credono d’uguagliare le cose fatte con natura e con arte”.

In Modena si deve scegliere il comandante che guiderà le milizie contro i bolognesi:

” A voi, signor, come più degno, tocca/ Sceglier fra questi un capitano in fretta,/ Che vada a liberar l’ oppressa rocca,/ E a far su quegli audaci aspra vendetta./ Volea più dir; ma nol lasciò la bocca/ Aprir, che si levò dalla panchetta/ E saltò in mezzo il Conte di Culagna,/ Dicendo: V’ andrò io, chi mi accompagna?

Maravigliando il Re si volse, e disse:/ Chi è costui sì ardito e baldanzoso!/ Il Potta [il podestà] si guardò ch’ ei nol sentisse,/ E disse: Questi è un matto glorioso./ Il Re che avea desio che si spedisse/ A quella impresa un capitan famoso,/ Rimise quella eletta al Potta stesso/ Che conosceva ognun meglio dappresso”.

Il conte di Culagna nell’assemblea di cavalieri si presenta così:

Dipinto avea un pavon nella bandiera/ Con ricami di seta e d’or pomposi;/ L’armatura d’argento, e molto adorna;/ E in testa un gran cimier di piume e corna.

E quando un nano gli dice che avrebbe vinto, perché cavalier il più codardo:

” Tu menti (disse ), menzogner villano,/ E te lo manterrò con questa in mano… Tu vorresti macchiar la mia vittoria;/ Ma non la macchierai, brutto scrignuto,/ Che già nota per tutto è la mia gloria”.

Non ci resta che seguire il consiglio del Tassoni:

“Al Conte che seguiva il suo costume,/ [il nano] Rispose, Buona notte; e spense il lume”.

Virgilio Iandiorio

Conti nostriultima modifica: 2018-06-04T13:09:43+02:00da manphry
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