La leggenda di Costantin

E’ stato presentato nel mese di agosto scorso a Greci (Avellino) la riedizione di un testo dell’abate grecese Luigi Lauda intitolato Costantino o l’amore primitivo, edito a Napoli nel 1875. La stampa anastatica del testo, per i tipi della Delta 3 Edizioni, è stata promossa da Marco Aurelio Morena, con la collaborazione della Pro Loco Arbëreshë e dell’Amministrazione comunale di Greci.
La leggenda di Costantino è un antico racconto albanese, e degli albanesi trapiantati secoli fa nell’Italia meridionale. Costantino parte per la guerra tre giorni dopo le nozze e fa ritorno a casa nel momento in cui la moglie, che aveva promesso di aspettarlo per nove anni, nove mesi e nove giorni, sta per risposarsi. Tutto finisce bene perché i due ritornano insieme. Costantino ha un sorella, Garentina, che va in sposa a un uomo di un paese lontano; ma l’eroe si incarica solennemente di riportarla a casa per rivedere la madre. La morte si abbatte su tutta la famiglia, in vita rimangono Garantina e la madre. Costantino per una notte ritorna nel mondo dei vivi e riporta la sorella dalla madre, ma poi svanisce come un’ombra di vento.
Luigi Lauda fa un’opera di “trascrizione” del racconto, nel senso che lo scrive in italiano per una lettura destinata anche ai non albanofoni. Di qui i suoi frequenti richiami al “lettore”. Non a caso introduce una lunga nota storica su Greci. Ma un’altra sua preoccupazione è quella di evidenziare la partecipazione del popolo arbëreshë al Risorgimento italiano.
Il “romanzo”, come lo definisce l’abate Lauda, si ispira all’interessante saggio che aveva pubblicato, in francese, Dora d’Istria: Les Albanais des deux côtés de l’Adriatique et la nationalité albanaise d’après les chants populaires, in Revue Des Deux Mondes, nel maggio del 1866. “Le comunità albanesi d’Italia -scrive Maria Corti nella prefazione al libro di Koliqi sulla poesia popolare albanese (1986)- ebbero, per così dire, una funzione di prodigioso freezer, atto a conservare per la posterità quasi intatto un suggestivo patrimonio di canti celebrativi del condottiero (Skanderbeg)” e del folklore albanese.
Per quel poco che posso dire, guardando da non albanologo e da profano, l’abate Lauda riprende da Dora d’Istria la parte del colloquio tra Garentina con la madre e il fratello. Ma è tutto il suo libro che risente del lungo articolo della scrittrice. Dora d’Istria, pseudonimo della duchessa Helena Koltsova-Massalskaya, nata Elena Ghika (Bucarest, 1828 – Firenze, 1888) è stata un’ interessante esponente del Romanticismo in Europa. Il suo nome “Dora d’Istria” sintetizzava, non a caso, il fascino degli antichi miti fluviali: (Istro è nome antico del Danubio) , un messaggio di pace in una regione, quella balcanica, da sempre divisa e contesa.
“Gli Albanesi dell’Italia meridionale – concludeva il suo articolo questa donna di grande cultura- che hanno custodito così fedelmente e così religiosamente il culto degli antenati e delle tradizioni nazionali, possono rendere notevoli servizi ai loro fratelli orientali… Lo zelo con il quale hanno conservato le tradizioni nazionali, la loro premura ad acquisire i progressi della scienza occidentale, il loro desiderio di richiamare sui fratelli orientali l’attenzione e l’interesse dei popoli civili avranno potentemente contribuito al risveglio della nazione”.
Chissà se, oggi, la ristampa del libro di Luigi Lauda contribuirà a richiamare l’attenzione e l’ interesse nella regione Campania sulla crescita della comunità arbërehë di Greci, e non solo sulla sua conservazione “sotto vuoto”.
Virgilio Iandiorio

La leggenda di Costantinultima modifica: 2014-09-05T13:02:09+02:00da manphry
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