La Costiera Cilentana 3

Dopo Paestum altra città  della Magna Graecia che fiorì sulla costa cilentana è  Velia,  o Elea, come sarebbe più giusto dire. Questa famosa città  nella Istorica Descrizione del Regno di Napoli di Giuseppe Maria Alfano  viene vosì descrittà:

“Velia. Città un tempo celebre dell’antica Lucania. Sedeva sopra una collina mezzo miglio dal Mare Tirreno distante, e 40 da Salerno. Erodoto e Ammiano Marcellino la crederono edificata da’ Focesi sotto di Tullio Sesto Re de’ Romani. Fu confederata  con essi, com’era Napoli.. I suoi abitanti ammessi alla Cittadinanza Romana, e da qui, o da Napoli si pigliavano le Sacerdotesse per fare i Sacrifizj di Cerere alla greca maniera, e l’insegnassero in Roma. Decaduto l’Impero Romano, Velia fu saccheggiata, come le altre Città da’ Saraceni verso la fine del IX Secolo distrutta e sepolta sotto le sue rovine. I lagrimevoli avanzi, che oggi si veggono di questa distrutta Città, la quale conserva al presente il solo nome di Castellamare della Bruca, essendo andato in dimenticanza quello di Velia, sono le mura, un edifizio chiamato da Paesani il Castello, che indica essere stata una fortezza, due gran conserve per acqua di durissima fabbrica, un acquedotto, una muraglia parte laterizia, e parte reticolata, che formava l’intiero lato d’un Tempio, e una fila di 30 stanze nella medesima direzione dalla parte del mare. La sua aria era tanto amena, che ci accorrevano le genti sin da Roma per goderne. Oggi è cattiva nell’està, e nell’autunno, ma salubre nel rimanente dell’anno. Le sue campagne sono vaste e feraci. Era sede Vescovile nella fine del VI secolo, ma poi fu unita a Pesto”.

Il nostro autore  richiama ancora la città  quando descrive un atro paese del Cilento:

 “Ascea. Terra sopra una Collina, d’aria temperata, Diocesi di Capaccio, un miglio dal Mar Tirreno distante, e 50 da Salerno. Il suo titolo di Baronia è di Maresca. Si vuole nata dalle rovine dell’antiva Velia. Produce vettovaglie, frutti, buoni vini, e oli eccellenti. Il mare dà abbondante pesca. Fa di popolazione 1009”.

Elea venne fondata nel 545 a.C. da coloni Focei, che lì stabilirono la loro nuova sede per sfuggire all’invadenza militare dei persiani nella Ionia, dove abitavano. Elea non su la sola colonia fondata in  quegli anni dai Focei, perché essi furono anche i fondatori di Marsiglia.

Elea (Velia) diede il suo nome ad una  scuola filosofica  sorta  proprio in questa città nel V secolo a. C. e che animò il dibattito culturale in Grecia  e nel mondo ellenico.

La Scuola Eleatica è una scuola filosofica presocratica i cui esponenti principali furono Parmenide, Zenone di Elea, Melisso di Samo e Senofane di Colofone. Le conoscenze su questa antica scuola, si basano su testimonianze certe e testi di autori dell’epoca. L’opera più conosciuta di Permenide è il poema in esametri intitolato Sulla natura, di cui ci sono pervenuti diciannove frammenti.

Il filosofo di Elea ha legato il suo nome alla teoria dell’essere unico, immobile e indivisibile. L’unità e identità dell’essere rimase un elemento distintivo della Scuola Eleatica. A questa teoria Parmenide giunse per contrapposizione al pluralismo naturalistico della filosofia ionica (si pensi a Talete, Anassimene, Anassimandro), e alla dualità uno-molteplice della filosofia pitagorica ed eraclitea,  filosofie queste che concepivano l’essere come coesistenza di contrari.

Parlare di correnti e di scuole filosofiche quando ci si trova straiati al sole o sotto l’ombrellone con il mare “colore del vino” davanti agli occhi socchiusi, può risultare poco accattivante. Ma Parmenide e la Scuola Eleatica hanno avuto risonanza notevole  non solo nella loro epoca, ma anche in quelle successive. Nel Paradiso, Dante volendo indicare la fallacia della falsa sapienza nell’ambito della razionalità umana,  stigmatizza  l’errore di chi usa argomentazioni fallaci nell’esegesi della Scrittura. E Parmenide, Melisso e Brisso li troviamo nell’ammonizione di San Tommaso contro l’uso fallace della ragione, di chi cerca il vero senza possederne l’arte.” E di ciò sono al mondo aperte prove / Parmenide, Melisso e Brisso e molti / li quali andaro e non sapean dove (Paradiso, XIII 121-129).

 

                 (continua)                                                            

 

La Costiera Cilentana 3ultima modifica: 2010-08-16T15:25:52+02:00da manphry
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