La Costiera Cilentana 2

L’itinerario turistico, vecchio di due secoli, teneva in conto le emergenze archeologiche della zona cilentana; il panorama che si presentava agli occhi del viaggiatore amante dell’antichità classica non era certamente come quello attuale. Il riferimento è ai siti di Paestum e di Elea (Velia).

Scriveva in proposito l’abate Domenico Romanelli nella sua Antica Topografia istorica del Regno di Napoli edita nel 1815:” E’ degno di tutta l’osservazione il gran cambiamento che in questa regione ha fatto l’aria in luoghi i più celebri una volta, e famosi. Oggi nel sito di Pesto, dove le rose fiorivano due volte l’anno, per le acque stagnanti si trova la morte. Tale è parimenti quello di Velia, dove Cicerone ed Orazio cercarono un soggiorno per l’aria la più pura, e perfetta, e tale finalmente è il sito di Metaponto, e di Eraclea città famosissime, che anche a’ Lucani appartennero”.

Il fiume Sele che sfocia poco distante da Paestum era famoso per una caratteristica che gli studiosi del tempo avevano individuato. Ecco la descrizione del Romanelli: “Questo fiume (Silarus) ha l’origine dal monte Paflagone, uno dei più alti gioghi dell’Appennino, che divideva una volta gli Irpini dai Lucani, siccome oggi divide il Principato citra dal Principato ultra, e di là scorre nel Tirreno coll’odierno corrotto nome di Sele… Tutti gli antichi attribuirono al Silaro la qualità pietrificante…Il barone Antonini [autore nel XVIII secolo di una opera intitolata I Discorsi della Lucania] volendo verificare la qualità pietrificante del Silaro vi immerse de’ legni in diverse volte, e sempre trovò, che vi si attaccava un certo limo duro e compatto che li faceva comparire di pietra, senza però cangiarne l’interna tessitura, onde par falso che i legni ritenevano l’antico colore, come affermò Strabone”. E questo viene ripetuto dall’Alfano nella sua Descrizione Topografica Istorica del Regno di Napoli: “Il Sele abbondantissimo d’acque, nascendo nelle vicinanze di Calabritto alle radici del Monte Paflagone uno de’ più alti gioghi degli Appennini, che ivi Caposele si appella, per sotto il ponte d’Eboli, va nel Mar Tirreno a scaricarsi, dopo aver raccolti per 40 miglia di corso girando, moltissimi altri fiumi, tra quali il Tanagro, o sia della Polla, oggi anche detto Negro, e quello d’Atena nel Vallo di Diano, il quale camminando molte miglia sotterra, sbocca nella Pertosa ai molini di Auletta; e tra le altre acque che nel detto fiume Negro si tuffano vi è quello di San Giovann’a fonte tra la Sala e Atena, dove una volta la Città di Casigliano vedeasi, oggi detta Marcelliana. Ha tre ponti principali di Oliveto, Contursi e Eboli; quest’ultimo fu opera degli antichi Romani, ed essendo stato distrutto nel 1500 per la guerra tra Spagnoli e Francesi, fu rifatto 60 anni dopo e indi magnificamente restaurato”. E  annota  anche che “Taluni fiumi raccolgono sorgive minerali, le quali hanno la proprietà di petrificare gli oggetti che incontrano lungo il corso, o che vi si tengono dentro per breve tempo”.

Di Paestum l’Alfano ci dà questa descrizione:  “Città un tempo assai celebre dell’antica Lucania, oggi di questa provincia in piano, d’aria cattiva, mezzo miglio dal mare distante, e 27 da Salerno. Secondo Mazzocchi, sulla tavola si Eraclea, si vuole edificata da’ Doresi. Venuti i Sibariti in Pesto, la città si estese per tutto il piano di Spinazzo sino ad Agropoli, che era la Cittadella di Pesto. Coll’andare del tempo venne in potere de’ Lucani, e gli antichi abitatori si ritirarono nella loro antica città de’ Doresi, lasciando il resto in potere de’ Lucani., che vi stiedero sino all’anno 480 di Roma, in cui ne furono spogliati da’ Romani, e vi dedussero una Colonia, poi fu Municipio. Caduto l’Impero Romano, fu saccheggiata e distrutta da’ Saraceni verso la fine del IX secolo. Vi si osservano ancora gli avanzi delle mura, di due Tempj e di un Atrio Pubblico.

Veniamo ora al suo sito ed a’ suoi rari monumenti. Le ruine di questa famosa città si vedono tuttavia a sei miglia passato il Silaro, e per un miglio distanti dal mare. Le antiche mura, da cui è cinta ancora in gran parte, ci attestano chiaramente che il suo giro non più si estendeva, che per tre miglia. Noi perdoniamo al nostro Mazzocchi la grande estensione, che assegnò all’antica Pesto da lui situata tra Agropoli e Spinazzo, ingannato da false relazioni, senza che avesse avuto agio di verificarle…Or tra queste mura anche in parte esistenti quai magnifici edifici non fermano attonito il passeggiere dopo di averlo sorpreso? Consistono essi in tre nobili tempj o basiliche di ordine dorico composte di pietre enormi riquadrate ed adorne di spesse e robuste colonne, oltre gli avanzi di un anfiteatro, di un teatro e di molti sepolcri e di benintesi acquedotti.

                 (continua)                                                            

 

La Costiera Cilentana 2ultima modifica: 2010-08-16T15:24:40+02:00da manphry
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