A tavola con gli antichi (5)

Nelle campagne le case sono raccolte intorno alla residenza del proprietario del fondo o nelle sue immediate vicinanze. Dimore ridotte all’essenziale, in genere un solo ambiente con modesto arredo.

 

Entriamo nella modesta abitazione di un contadino dell’epoca: la tavola per mangiare in legno comune, tronchi d’albero per sgabelli; la cucina, un fornello di terracotta posto davanti all’uscio, stoviglie di terracotta e qualche pentola per bollire i cibi.

 

Il pranzo principale della giornata era costituito da erbe cotte, zuppe di cereali e carne di maiale o di montone o di agnello. La carne si preferiva lessa o stufata. Non mancava il latte e il formaggio. La frutta secca, noci e nocciole, si accompagnavano ad una sana bevuta di vino che era di due qualità, quello buono e quello più scadente, quest’ultimo nei documenti è indicato col nome pizzolo, probabilmente vino ottenuto dalla seconda spremitura delle vinacce.

 

Gli animali da cortile venivano allevati in numero notevole e servivano anch’essi per l’alimentazione: galline, polli, capponi, oche. Un fatto curioso : per la spremitura delle uve il contadino pagava al suo padrone il diritto di palmento offrendogli in dono un pollo. Di qui probabilmente l’usanza, giunta quasi fino ai nostri giorni, di offrire, da parte dei contadini fittavoli,  per la festa di Natale o per il Ferragosto un paio di capponi (anche pollastri) al padrone del fondo.

 

Chi sa quante signore Adalgisa, Adelgrima, Adeltruda, Altruda, Gaitelgrima, Guiselgarda, Sichelgarda hanno quotidianamente preparato il pranzo per le loro rispettive famiglie, ponendo sugli umili deschi quanto esse stesse e i loro mariti si procuravano o con la caccia o con il duro lavoro dei campi.

 

Passano i secoli e anche  nella nostra provincia avvennero significative trasformazioni sociali e culturali. Cambiarono le abitudini alimentari dei nostri antenati.

Nell’età moderna.

Tra i secoli XVI e XVII in Irpinia “la feudalità è una classe solidamente radicata per potenza e ricchezza. La maggior parte delle attività economiche è nelle sue mani o è da essa in vari modi e in varia misura controllata. La vita dei villaggi e delle cittadine meridionali gira nella massima parte dei casi intorno al castello e alla corte baronale, cui sono legati, per l’amministrazione e per gli affitti, molti interessi, ulteriormente rafforzati dai poteri giurisdizionali e fiscali del feudatario. Nell’ambito locale la generale mancanza di ceti economicamente solidi e di attività importanti oltre l’agricoltura toglie respiro e significato alla permanente ostilità del Comune contro il barone ed è all’origine, insieme alla già segnalata rete di interessi che fanno capo al barone, della presenza, in quasi tutti i Comuni, di un forte partito baronale”.

 

Per conoscere le abitudini alimentari degli Irpini nel periodo preso in considerazione mi sono servito di due fonti, una diretta (l’esame dei resti antropici e dei reperti archeozoologici ritrovati nel castello dei Caracciolo di Torella dei Lombardi) l’altra indiretta (i capitoli municipali di alcuni paesi della provincia risalenti all’epoca già sopra indicata).

 

Il restauro del castello di Torella dei Lombardi, feudo dei Caracciolo, ha restituito all’antica dignità un monumento quasi distrutto dal sisma del 1980 e ha fatto riscoprire resti antropici e reperti archeozoologici ammassati nei vari terrapieni all’interno della cinta muraria. In particolare i resti di due individui di sesso maschile, di cui uno (individuo B) “ebbe alimentazione caratterizzata da sostanziale equilibrio tra apporti proteici animali e vegetali –leggermente prevalenti -; nel soggetto D risulta evidente la preponderanza dei carboidrati rispetto alle proteine nobili”.

 

(Quinta parte)

A tavola con gli antichi (5)ultima modifica: 2008-02-26T14:12:31+01:00da manphry
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