La dieta cilentana

Quando si parla di alimentazione nel paesi del Mediterraneo il riferimento va subito alla trilogia frumento, olio e vino. Eppure nel secolo scorso e ancor più in quello precedente, periodo di tempo che ricordano gli anziani o per averlo vissuto o per averlo sentito raccontare a loro volta da altri anziani , anche nel Cilento l’alimentazione era costituita da pane di mais con aggiunta di farina di frumento e in alcuni casi con farina di ghiande o di castagne, formaggio di capra o di pecora, lardo e sugna per condire le verdure cotte, e  insaccati di maiale.

Una tradizione culinaria del Cilento legata alla cultura contadina riguarda i legumi. I fagioli di Controne sono rinomati in tutta la regione per la loro qualità e per il loro sapore; ma l’usanza di consumare abbondanti minestre di legumi è diffusa in tutta l’area.

A Cicerale per il calendimaggio si prepara la “cecciata”, di tredici legumi e semi diversi; a Casaletto e a Ispani i legumi e i semi sono nove. A Castel San Lorenzo questo piatto si chiama “cicci maritati”. Si cuocevano i “cicci” a Pellare, a Moio, a Vallo della Lucania. A Castellabate l’uso di cuocere i “cicci” cadeva nel giorno dei morti.

A Laurino la vigilia di Natale era usanza di assaggiare dodici cibi diversi: tagliolini, zeppole, castagne, noci, pinoli, mandorle, fichi secchi, fagioli, ceci , lenticchie, lupini, struffoli  accompagnati, come bevanda, da un decotto di foglie di lauro.

I legumi avevano un loro significato particolare, uniti poi ai semi diventavano segni di vita che nasce e che germoglia. Il termine usato per indicare il modo di preparare i semi e i legumi è quello di “cuccìa”. La parola potrebbe essere un ulteriore ritorno alla cultura della Magna Grecia, a meno che il terreno insidioso dell’etimologia non frani sotto i piedi; in greco, infatti, il sostantivo kykéon, all’accusativo kykeòna, indica un miscuglio soprattutto da bere perché fatto di farina d’orzo, formaggio grattugiato e vino, almeno così nel periodo più antico, poi è passato ad indicare un miscuglio in genere e, metaforicamente, anche un guazzabuglio.

I momenti forti dell’anno, Natale e Pasqua, venivano scanditi anche da piatti particolari. Così a Pollica per il Natale si confezionavano pasticcelle a forma di stelle farcite di crema a base di mandorle tostate, pere secche, pinoli, e il tutto ricoperto di miele. Per la Pasqua pizze (cioè torte) di ogni tipo: pizza di “maccaruni”, di grano, di riso; e più di tutte viene preparata la “pizza chiena” perché ripiena di formaggio di capra fresco, uova sode e tanta sopressata, il tutto tra due sfoglie di pasta. 

Mai come nel Cilento risulta più appropriato il detto che “a tavola non si invecchia”.

                                                                                                                                                 

La dieta cilentanaultima modifica: 2007-09-15T22:06:23+02:00da manphry
Reposta per primo quest’articolo