Classicità di provincia

Quando si pensa alla tradizione  greca e latina nella cultura italiana il riferimento è ai  centri cittadini che nel corso dei secoli, dal medioevo alla nostra età, hanno riproposto, rielaborato e ridato nuova vita agli autori classici e alle loro opere. Che cosa avveniva nei piccoli centri o nelle zone più lontane dalle città, quanto di quel patrimonio giungeva alle persone che sapessero leggere e scrivere, ebbene questo ha interessato poco o solo marginalmente.

Proviamo a ricostruire un percorso,attraverso alcune testimonianze di uomini di cultura nati e vissuti o che hanno  avuto temporanea dimora in una provincia del Mezzogiorno interno, quella di Avellino.

Tra gli umanisti meridionali che diedero vita alle Accademie nate con gli Aragonesi, ma finite con i vicerè, è annoverato Girolamo Angeriano di Ariano Irpino. Le opere di questo poeta sono state riproposte di recente nel volume curato da Antonio D’Antuono e Stanislao Scapati, che pur nella scarsità delle fonti hanno fornito dati biografici importanti per  tracciarne una biografia intellettuale.

Girolamo Angeriano sarebbe nato intorno al 1470 da Gaspare e Roberta dei Guisi, della città di Ariano, e sarebbe morto tra il 1534-35. Si intitola Erotopaignion la sua raccolta di poesie, pubblicata nel 1520, ma che si è accresciuta nelle edizioni successive di altri componimenti. E’ di due anni dopo, 1522, De Principum Miseria, una invettiva contro un anonimo personaggio. Nell’edizione dell’Erotopaegnion del 1520 non figura l’elegia al padre Gaspare, che invece si trova nelle altre edizioni dell’opera. Questa elegia ha una particolare importanza per i riferimenti alla regione e alla città di Ariano Irpino.

Contemporaneo dell’Angeriano, Giovanni Cotta è un poeta che non ha rapporti di nascita né di parentela con la  provincia irpina. Egli, infatti, nacque a Legnago, cittadina sulle sponde dell’Adige, nel 1480.  Venne a Napoli al seguito dei Sanseverino e dei Cavaniglia, questi ultimi, come si sa, signori anche di  Montella (Avellino).

Per il suo patrono Cavaniglia, Giovanni Cotta compose un carme dedicato al  Calore, fiume che nasce dal versante montellese dei monti Picentini.    

La produzione latina di autori locali si arricchisce nel secolo XVII dei versi di Angelo Ruggiero, che compose per ciascuno dei paesi della diocesi di Avellino e Frigento (allora unite nello stesso ordinario) dei distici, che esaltano le bellezze naturali e le caratteristiche culturali di ciascuno di essi. Questo poeta  con la sua raccolta di epigrammi mette insieme due elementi della cultura locale, alla lode delle bellezze naturali del territorio unisce quella della venerazione per i santi.

Il filo conduttore dei poeti irpini che si sono cimentati in composizioni in latino anche nei secoli successivi è costituito dal legame con la propria terra di cui si esalta la bellezza naturale, l’antichità,  la laboriosità e la sacralità derivata dai culti locali per santi. Così alla fine del XIX secolo un altro poeta, sacerdote e archeologo, Gennaro Aspreno Galante compose un carme in onore di San Romolo levita, venerato nella chiesa di Atripalda (Avellino), di ben 428  distici elegiaci.

In tempi più vicini a noi, Michelangelo Petruzziello (1902-1961)   ha partecipato con i suoi componimenti ai famosi certamina internazionali, riportando lusinghiere valutazioni. Negli anni 1956 e 1957 partecipò al Certamen Hoeufftianum con due poesie Vetus pistrinum e Cicada. Al Certamen Capitolinum del 1953 risultò secondo con il racconto Mater infelix.

Michelangelo Petruzziello per le sue due composizioni in versi ebbe a modello il carme XXXIV di Catullo, in cui le strofe tetrastiche sono formate da tre gliconei e da un ferecrateo

Classicità di provinciaultima modifica: 2007-09-21T12:39:33+02:00da manphry
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