Vino e olio del Cilento

La buona cucina del Cilento non conosce limiti temporali; le sue origini, infatti, si perdono nella notte dei tempi e i sapori dell’Ellade si confondono con quelli indigeni. Scene di banchetto, il tipico simposio greco, si ritrovano nella Tomba del Tuffatore scoperta a Paestum da Mario Napoli nel 1968 e risalente al 480- 470 a. C.

Il pane e il vino  risultavano nell’antichità gli elementi fondamentali dei pasti dei nostri  antenati. Molto prima di Omero i greci dell’età micenea, secondo millennio a.C., si cibavano di focacce fatte con farina d’orzo, ma anche di grano. In abbondanza si consumavano i legumi: ceci, fave, vecce. I fichi predominano sugli altri frutti, forse perché meno costosi e più abbondanti.

La civiltà mediterranea si caratterizzava già da allora per la coltivazione della vite e dell’ulivo. Resti di mosto sul fondo di recipienti di terracotta si sono ritrovati a nei palazzi di Festo, antica città dell’isola di Creta; mentre la documentazione archeologica di torchi,presse,depuratori e filtri di decantazione attestano la produzione di olio. Non mancavano il latte, e il suo derivato il formaggio, né il miele, usato per focacce e bevande dolci.

Queste abitudini si diffusero in lungo e in largo sulle rive del Mediterraneo anche ad opera dei greci, che vengono definiti da un commediografo “mangiatori di foglie”, per l’abbondanza sulla loro tavola di verdure e di legumi. Nella Magna Grecia questi vegetariani ante litteram  trovarono un ambiente molto adatto. Fave, lenticchie, ceci, lupini i legumi preferiti; cavoli, rape, lattuga sono le verdure più diffuse; fichi, pere, prugne, uva accanto alle frutta più recenti pesche, ciliegie e albicocche.

La vite

 

Il vino era la bevanda alcolica di largo consumo. Nei banchetti era d’uso berlo caldo, profumato con miele e foglie di rosa, viola e cedro. Naturalmente tutto questo in un ambiente di persone ricche e privilegiate. La miseria della gente che quotidianamente lottava per l’esistenza non ha trovato pittori o fini letterati che ne tramandasse la memoria.

Il Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano rilancia i prodotti tipici della zona, il vino e l’olio, che sono poi quelli più tradizionali e più antichi, anche se le uve sono di introduzione recente. Così accanto al Barbera al Sangiovese, al Trebbiano e al Malvasia si associano  uve locali come l’Aglianico, il Greco e il Fiano, che qui usano chiamare il Santa Sofia. Il risultato sono due prdotti D.O.C., il Castel San Lorenzo e il Cilento.

L’ulivo

 

Si inargenta il vento tra le folte chiome degli ulivi cilentani, sia di quelli secolari sia di quelli di nuovo impianto. E il paesaggio assume un colore verde che caratterizza sia i paesi della costa sia quelli dell’interno di questo territorio. Occorre fare i conti con le esigenze del palato degli esigenti consumatori contemporanei. Occorre produrre olio extravergine di qualità e a questo fine la varietà di ulivo “pisciottana”, l’aggettivo deriva dal nome del paese Pisciotta, sembra bene indicata. E così l’Unione Europea ha di recente riconosciuto due denominazioni di origine (DOP) Cilento e Colline Salernitane. Con la nascita del Parco Nazionale del Cilento si è ridotto notevolmente l’uso di antiparassitari contro la mosca olearia, pericolo costante per le olive da olio.

L’olio prodotto dalla varietà pisciottana, dal caratteristico colore giallo-verde e con nessuna sensazione di amaro, bene si accoppia in cucina con il pesce, sia nelle fritture che nei sughi. Le varietà di nuova immissione “Frantoio, Leccino ,Coratina”, che danno un olio più verde e una gradevole sensazione di piccante al palato.

Vino e olio del Cilentoultima modifica: 2007-06-25T19:13:46+02:00da manphry
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