Mutamenti linguistici.

E’ veramente necessaria una legge che protegga la lingua italiana dalla valanga di parole ed espressioni inglesi? O è il fluire della lingua, di qualsiasi nazione, che non si può arrestare con dighe e sbarramenti? Lo sapevano già i latini. In quella che è conosciuta come Appendix Probi, risalente al III-IV secolo d. C., sono riportate più di duecento parole latine con indicazione della corretta pronuncia di esse, per evitare la pronuncia scorretta, ormai in uso a quei tempi. Dice il grammatico autore della lista: si dice “calida” non calda, “auris” non oricla (la nostra orecchia) “vetulus” non veclus (vecchio). E così via dicendo.

Dall’esito dell’italiano, sappiamo che hanno avuto ragione quelli che dicevano acqua e non “aqua”. Perché scandalizzarsi per l’uso troppo frequente di espressioni inglesi? Mio zio Nicola, che è morto negli Stati Uniti dove visse buona parte della sua vita, a me che mi vergognavo perché non spiccicavo (e non spiccico) una parola di inglese, soleva dire:” L’inglese è facile. Basta sapere tre parole: jess (sì), dog (cane) e job (lavoro)”.

In un passato molto recente ho sentito amici dire “bestiale”, non con accezione negativa ma nel senso del “best” inglese, cioè migliore e straordinario. Senza contare che la festa di compleanno è diventata l’happy birthday, per non parlare dei centri commerciali (super market) che nel Fri day vendono prodotti a prezzi stracciati. Insomma poco ci manca che si avveri la profezia di Alberto Sordi che con molto anticipo aveva portato sullo schermo l’Americano a Roma.

Le lingue sono un poco come il Cavallo di Troia, entrano nel nostro parlare senza che nemmeno ce ne accorgiamo. Quante sono le parole di origine latina nella lingua inglese? Non molti anni fa qualcuno le ha contate. Se no ricordo male, pare che fossero dieci mila. E quelle greche nella nostra lingua, e nel nostro dialetto? Tante.

Come non fare riferimento a quello che Alessandro Manzoni diceva a proposito della lingua da usarsi nello scrivere e nel parlare:“ A bene scrivere bisogna sapere scegliere quelle parole e quelle frasi, che per convenzione generale di tutti gli scrittori, e di tutti i favellatori (moralmente parlando) hanno quel tale significato: parole e frasi che o nate nel popolo, o inventate dagli scrittori, o derivate da un’altra lingua, quando che sia, comunque, sono generalmente ricevute e usate” [ Manzoni, Introduzione al Fermo e Lucia (1823)]

Mi chiedo quanto sia chiaro e accessibile al grosso pubblico l’uso di termini che sembrano venuti da altri mondi. Prendiamo il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) di cui si parla a colazione a pranzo e a cena. Ma quanti hanno mai sentito prima pronunciare la parola “resilienza”? Fortunatamente la sigla, nasconde le parole che vi si celano. E pensare che ha destato tanto scalpore la parola “armocromia” (adattamento dei colori all’abbigliamento), anche questa di origine transalpina, ma troppo ricercata per essere sulla bocca d’ un vasto pubblico.

Mutamenti linguistici.ultima modifica: 2023-07-05T16:31:47+02:00da manphry
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