Un caso di violenza

Nel capitolo dedicato al reato di rapimento (De raptu: cap.I.) Eliseo Danza, l’avvocato di Montefusco che nel XVII secolo pubblicò il trattato di giurisprudenza De Pugna Doctorum, scrive anche delle  carceri baronali, che ai suoi tempi  dovevano essere non degne di un popolo civile.  Il discorso sulle carceri baronali è inserito nel capitolo in cui si parla del rapimento di persone (de raptu):” Rapimento (raptus) deriva da rapire (rapere); tuttavia differisce dalla rapina, perché il rapimento  riguarda le persone, mentre la rapina le cose…Il rapimento è una violenza, sia che si tratti di portare altrove con astuzie cattive sia di condurre una donna onesta e non accondiscendente da un luogo ad un altro, allo scopo di abusarne sessualmente”.

E come  fa per altri reati, Eliseo Danza riporta un episodio di rapimento accaduto ai suoi tempi. “ I coniugi Liberato Falcuccio e Livia Giannolo della Terra di San Sossio (Baronia) [tutti i comuni qui indicati fanno parte della provincia di Avellino],  presentarono querela nella   Corte del loro paese contro Flavio Zitola, Domenico Zitola suo figlio, Francesco Frontuto di San Sossio e Domenico Perciabosco di San Nicola (Baronia) a proposito di un oltraggio fatto nottetempo alla persona della detta Livia nella sua casa, cioè un adulterio. Entrati nella casa, tutti e quattro uno dopo l’altro abusarono sessualmente di lei; dopo averla violentata, la rapirono e la portarono dalla Terra di San Sossio alla Terra di San Nicola nella casa dello stesso Domenico Perciabosco, che era distante circa un miglio. E la tennero per tre giorni e nuovamente lo stesso Perciabosco la violentò; poi la mandò via. Il caso mi è sembrato esorbitante e singolare, secondo la confessione fatta da questa donna. Questa infatti afferma che tutti e quattro, stando in una sola camera e in un solo letto, la violentarono sotto gli occhi di tutti uno dopo l’altro; e quando uno la violentava gli altri assistevano ed erano presenti altri della casa. Il fatto è tanto  turpe da sembrare  quasi impossibile”.

I quattro per ordine della locale Corte di Trevico  vennero reclusi nel carcere di Zungoli dove rimasero per circa sei mesi. Il carcere  era in un sotterraneo, fetido e  tenebroso, contro tutte le norme dettate dalla legislazione del tempo. Gli accusati perciò dopo reiterate proteste di innocenza si rivolsero al Regio Consiglio Collaterale affinché della loro causa fosse competente la Regia Udienza di Principato Ultra [ cioè il tribunale di Montefusco]. 

“Philippus Dei gratia Rex… Ci è stato presentato memoriale, videlicet Illustrissimo et Eccellentissimo Signore. Flavio e Domenico Zitola della Terra di Santo Sossio, Provincia di Principato Ultra, fanno intendere a V. E. come sono cinque mesi e più che Angelo Stefanelli affittatore del Stato di Trevico le fe carcerare nella Terra di Zuncoli con ferri ceppi et iugo di notte, e giorno, per farli morire, per odio particolare che tiene con li supplicanti, sotto figurato pretesto de adulterio e ratto in persona di Livia Giannolo, del che ne è stata fatta dalla parte ampla escolpatione e remissione stante la loro innocenza, e sotto pretesto di un icto de scoppetta in persona di detto Domenico tantum, senza che ci fusse né offensione né querela de parte, della qual causa ne volse per forza detto affittatore docati cinquanta l’anni passati et con tutto ciò, Signore Eccellentissimo, li molesta per odio particolare che tiene con essi supplicanti. Et havendone esclamato, e fatto istanza giornalmente, che l’havesse spediti di giustizia; mai ha voluto farlo per suoi particolari disegni; ansi avendole dato il Giudice, dal quale le furono date le defensioni; poi non ha voluto che procedesse più inanzi; e con tutto ciò le ha fatti stare sempre ferrati, a segno che hanno perso la salute, e sono diventati tutti stroppiati; et vedendosi così maltrattati et oppressi hanno avuto ricorso alla Regia Audienza Provinciale, dalla quale furono spedite provisioni, che fra dieci dì se spedesse la causa, sub poena avocationis. Et perché lo fine de detto affittatore è di farle morire nelle carcere, fè inhibire all’Audienza della Gran Corte della Vicaria. Signore eccellentissimo queste sorti di oppressioni e tirannie non solo non si devono permettere nel tempo del felicissimo governo di V.E. ma si devono castigare severamente; perciò ricorrono da V.E. e la supplicano per amor di Dio, se degni provedere: acciò non morano innocentemente in quelle carceri; et ordinare alla Regia Audientia, che se pigli essi supplicanti et le mandi carcerati in Vicaria, una con l’informationi, che ci sono acciò in Vicaria, Tribunal superiore e dove indifferentemente si fa giustizia et non siano così maltrattati et oppressi come se fossero cani et non sudditi di Sua Maestà et l’haveranno a gratia, ut Deus etc. Et inteso noi detto memoriale ci ha parso fare la presente, per la quale ve dicemo et ordinamo che vi debbiate informare dell’esposto nel predetto memoriale; et essendo vero quello si espone, vi debbiate mandare subbito a pigliare li predetti carcerati con l’informatione, che contro di essi la predetta Corte di Santo Suosso ha preso, e subbito li debbiate spedire di giustitia e così essequete, che tale è nostra volontà. Datum Neapoli die 8 Augusti 1634”.

                                                                                                                           Virgilio Iandiorio

Un caso di violenzaultima modifica: 2013-08-10T09:26:00+02:00da manphry
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