Il cane di Alcibiade

 

Le elezioni politiche della scorsa settimana  hanno dimostrato quanto siano simili  la retorica di prima delle votazioni e quella di dopo  i risultati. Prima tutti convinti, o quantomeno abbastanza sicuri , del flop dei candidati outsider  , poi, a chiusura di scrutinio, tutti giurano di aver  previsto lo sconvolgimento delle previsioni. E’ accaduto quello che di solito accade nei nostri comuni:   chi più chi meno,  sperimentiamo come nelle elezioni amministrative ci si affanna  a trovare motivazioni valide del risultato sorprendente  di candidati outsider, sull’elezione dei quali  nessuno a parole avrebbe scommesso neppure un centesimo. In ogni nostro paese c’è sempre più di qualcuno che afferma: “Io lo avevo detto!”. Ognuno crede che la sua  è la voce vera,  Vox clamantis in deserto.

Non è una cosa nuova che su personaggi del passato che hanno fatto la storia politica del loro tempo si sia discusso e si sia formata un’ abbondante letteratura nel corso dei secoli. E la mente va alla Grecia del post-Pericle, quando Atene, che era diventata una potenza mediterranea, si avviava a un declino non voluto e non desiderato. 

Alcibiade (nato ad Atene nel  450 e morto in  Frigia nel 404 a. C.) non impiegò molto tempo a farsi un nome nella sua città. Lui nobile, bello, ricco, intelligente e insolente. Tutto lasciava presagire una lunga e fortunata carriera politica. Dopo la morte di Pericle divenne l’uomo più autorevole del Partito Democratico. Per certi aspetti fu un tipico prodotto della nuova generazione ateniese, sensibile all’influsso culturale dei sofisti.

A leggere la biografia di Alcibiade, che Plutarco, autore  delle Vite parallele ( una cinquantina di biografie di uomini illustri del mondo greco e romano ), ci ha trasmesso, possiamo capire meglio anche certe  situazioni attuali.

Può sembrare un  aneddoto, come tanti della vita di Alcibiade, ma è degno di fede quello che riporta Plutarco:” Il suo primo ingresso nella vita politica, raccontano, avvenne per una elargizione di denaro priva di calcoli. Un giorno passava in mezzo a un gruppo di Ateniesi che vociavano e chiese il motivo del baccano. Saputo che si trattava di una elargizione pubblica in favore dello Stato, si fece avanti e diede la sua parte. La gente lo applaudì e levò grida di gioia e Alcibiade si dimenticò completamente della quaglia che teneva sotto il mantello. L’animale, spaventato, volò via e ciò contribuì ad aumentare il vocio degli Ateniesi: molti, anzi, si lanciarono all’inseguimento della quaglia, ma fu Antioco, il timoniere, a catturarla e a restituirgliela.”  Quanta somiglianza con i meeting degli uomini politici dei nostri giorni che nei loro discorsi con qualche trovata estemporanea  calamitano gli interessi del pubblico, che corre perciò come quello ateniese dietro le  “quaglie”.

Sempre Plutarco ci racconta che:” Alcibiade possedeva un cane incredibilmente grande e bello, che aveva pagato settanta mine; un giorno, tuttavia, gli tagliò la coda, una coda splendida. I familiari, allora, lo rimbrottarono, dicendo che tutti adesso, commiserando la sorte del cane,  ingiuriavano il padrone per la mutilazione fatta all’innocente animale : «Succede proprio quello che volevo!», rispose Alcibiade ridendo. «Io volevo che gli Ateniesi cianciassero di questo e così non dicessero nulla di peggio sul mio conto».

Tra le altre qualità, aveva anche quella della persuasione. “Alcibiade sapeva come trattare cordialmente coloro che lo incontravano, e non c’è da stupirsi che nei momenti di successo la sua fama fiorisse lieta tra cordialità e onori, dato che persino negli errori da lui commessi a volte vi era una certa grazia ed eleganza”.

“Timone il misantropo un giorno incontrò Alcibiade che, con aria soddisfatta, se ne tornava, accompagnato da un codazzo di persone, dall’assemblea dove aveva ottenuto un vero trionfo. Timone non tirò diritto, né lo scansò, come faceva di solito con gli altri: al contrario, gli andò incontro, lo salutò e gli disse: «Fai bene, ragazzo, a crescere così! Accrescerai pesantemente i guai di tutti questi individui». Ci fu chi rise, chi insultò Timone e chi prestò molta attenzione alla battuta”.  Non saprei dire, oggi, quanti  dinanzi ai risultati di queste votazioni abbiano voglia di prestare attenzione al responso delle urne, e non di cianciare sulla coda del cane di Alcibiade.

                                                                      Virgilio Iandiorio

 

Il cane di Alcibiadeultima modifica: 2013-03-04T14:39:23+01:00da manphry
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