Perché studiare il latino

Perché studiare il latino, o se volete il mondo classico nelle sue  componenti ellenico-romane?  Una   domanda fondamentale che, in tempi di riforma della scuola,  dovrebbero porsi in modo particolare i cultori e gli insegnanti di materie classiche. Una domanda antica, a cui hanno cercato di dare una risposta, positiva o negativa che fosse, gli stessi scrittori latini, naturalmente con riferimento al loro contesto scolastico. Prendete, per esempio, Petronio nel Satyricon:

“A parer mio, -così fa parlare un suo personaggio-  nelle scuole i ragazzi rimbecilliscono perché non vedono e non sentono niente di quello che abbiamo sotto mano, ma solo pirati che tendono agguati sulle spiagge con tanto di catene, tiranni che emettono editti con l’ordine ai figli di tagliare la testa ai propri padri, responsi di oracoli che impongono di immolare tre o più verginelle per placare un’epidemia, o ancora bolle di parole in salsa di miele e tutti quei fatti e detti che sono come conditi col sesamo e il papavero”. E  più avanti nel racconto, un padre dice del figlioletto che invece di studiare si trastulla col dare la caccia agli uccellini: 

“Ad ogni modo ha dato un calcio al greco e si è dato al latino che è un piacere, anche se l’insegnante che ha è uno pieno di boria e non sta fermo un attimo: arriva, si fa dare da scrivere, ma voglia di lavorare, figurati. Ce n’ è poi un altro che non sarà un pozzo di scienza ma ce la mette tutta e insegna più di quello che sa”.

Jacques Gaillard  e Anne Debarède, hanno pubblicato a Parigi nel 2000 un libro  dal titolo simpatico Urbi, orbi, etc… Le latin est partout, in cui sostengono la tesi che il latino è intorno a noi dappertutto. Un cavallo di Troia che noi coltiviamo dentro di noi, e che ci veicola a nostra insaputa non i soldati greci all’assalto, ma tante parole latine nel nostro parlare quotidiano e in tutti gli ambienti in cui viviamo. Gli autori latini non hanno scritto le loro opere per fornire dei testi di versione agli studenti liceali, con la volontà sadica di metterli in difficoltà con la consecutio temporum o con l’oratio obliqua.

Qualche esempio del nostro modo di esprimerci: diciamo super, extra, e vice versa ! L’opium dei media; dal pro rata parte ai qui pro qus che suscita fraintendimenti; si tratta di un processus che implica qualche alea  e c’è spesso un  post-scriptum : nove parole latine  in poche righe, et tutte possiamo ritrovare nel dizionario di italiano o di francese. Possiamo aggiungere ancora delle abbreviazioni latine molto comuni: ut  supra (come sopra), cf. (confer,  riportati a ), N.B. (nota bene), etc. (et cœtera), i.e. (id est,  vale a dire), ibid. (ibidem, nello stesso luogo citato).

In Francia l’insegnamento del latino nelle scuole secondarie può essere sia opzionale sia obbligatorio in alcuni curricoli. Dove l’insegnamento è opzionale  riguarda  una minima parte degli studenti dall’1 al 2% come in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, dal 5 all’8 % a seconda del Länder in Germania. Nei licei italiani si tocca la percentuale più alta di studenti 41%. Il latino è obbligatorio anche in alcuni curricoli dell’Austria, Danimarca e Paesi Bassi.

Negli Stati Uniti, nel secolo scorso,  l’insegnamento del latino è diventato  poco alla volta marginale. In Italia con la riforma della scuola media del 1962, il latino ha perduto la sua funzione centrale negli studi.

In  Italia il dibattito sul problema dell’insegnamento del latino è ricorrente : nel 1996, la  rivista  MicroMega ospitò un dibattito sulla questione.  Due gli articoli più interessanti : Apologia pro   langue latina di Giancarlo Rossi, direttore della rivista Latinitas, e Come (non) s’ insegna  il latino di Luigi Miraglia, docente di latino in un liceo di Napoli e ideatore di Vivarium Novum, un centro di studi e cultura classica dove si usa la lingua latina nella comunicazione.

L’insegnamento del latino –sostiene nel suo articolo il prof. Luigi Miraglia- è compromesso dal modo come esso viene proposto ai giovani: la declinazione prima della comprensione del testo. Questo spiegherebbe perché gli studenti universitari, in minor tempo, diventino più esperti di latino degli studenti del liceo che studiano questa lingua per cinque anni. Perciò il prof. Miraglia propone una inversione di rotta : comprendere, prima di cercare di tradurre.

E io penso agli studenti che si tuffano nel vocabolario senza aver letto il testo, che a loro viene dato da tradurre in classe. Quasi che la traduzione fosse la pesca in mare aperto: basta calare le reti e le parole vengono catturate come i pesci.

                                                              

Perché studiare il latinoultima modifica: 2010-01-28T22:21:14+01:00da manphry
Reposta per primo quest’articolo