Parole francesi

Parole provenienti da altre lingue da sempre sono state introdotte nella nostra lingua italiana.  In questi ultimi anni termini, locuzioni e frasi  derivanti dalla lingua inglese hanno letteralmente invaso il nostro vocabolario. Siamo diventati tutti un poco inglesi, perché non possiamo non fare uso quotidianamente di una quantità di espressioni di questa lingua.
Eppure, nel nostro parlare  utilizziamo spesso dei termini francesi, e il più delle  volte non ce ne rendiamo  conto. Se siamo al ristorante (restaurant) chiediamo al cameriere il menu, e se lo chef  prepara sempre in modo eccellente crep, champignon, crem caramel, vin brulè. Anche in pasticceria noi chiediamo il bigné, o delle brioche o dei mignon o  dei dessert. Perché nel supermercato, invece del solito pane, non andiamo in cerca della baguette?  E a pranzo quanto ragù, purè, omelette, paté, gattò siamo soliti mangiare? Ma quando ci lasciamo scappare dalla bocca qualche parola di troppo, chiediamo subito scuse per la gaffe. Che dire poi  di “élite” e “dépliant”, che hanno conservato anche nella nostra lingua l’ originario accento francese.

Nel  dialetto irpino parole francesi erano usatissime quando la  cultura contadina era viva e vitale.

Prendiamo per esempio le “brole”, le caldarroste, la parola deriva dal verbo brûler che significa bruciare, ardere. Nelle sere d’inverno sulla brace del focolare si ponevano le castagne per farle  abbrustolire; ma bisognava fare un taglietto sulla buccia perché  potevano scoppiare e mandare all’aria i carboni ardenti.

Nei campi dove c’era abbondanza di acqua, soprattutto in vicinanza dei corsi d’acqua, invece di scavare pozzi, dove era possibile si impiantavano delle norie, costituite da una ruota del diametro di alcuni metri che servivano a riempire vasche di raccolta dell’acqua per irrigare i campi. In dialetto la noria è detta “catosa”, da “chateau d’eau”.

Era frequente nelle case preparare la “pizza jonna”, una focaccia di farina di mais  impastata con acqua bollente, sale e olio, che si accompagnava al piatto delle verdure bollite; l’aggettivo “jaune” significa giallo.

Le galline sono custodite in recinti che diciamo “masonari” e  i  polli  quando finisce il giorno “si vanno a masonà”; è la “maison”, anche se essa rappresenta la casa degli animali da cortile. E restando nell’ambito dei volatili, quando la gallina ha fatto l’uovo si esibisce in gorgheggi non proprio da soprano; si dice che la gallina “scachetea”; il verbo francese caqueter significa proprio lo schiamazzare delle galline. Di qui il significato traslato, per indicare una donna ciarliera che parla senza interruzione, e senza dare scampo all’interlocutore.

Gli uccellini catturati venivano posti nelle “cajole” o “cangiole”,  gabbia si dice cage.

Anche per indicare, in modo traslato l’organo genitale maschile, si usava dire “a nogghia”, sostantivo che nella lingua originaria suona “andouille”, ma sta ad indicare la nostra salsiccia.

In alcuni paesi dell’ Irpinia le albicocche sono chiamate “liberge”. Da dove venisse questo sostantivo sembrava difficile stabilire. Eppure anche questo è un francesismo da “aliberge”, che secondo alcuni linguisti deriverebbe dal latino “albus” perché questo frutto molto saporito è di pasta molto chiara. Che poi, secondo altri esperti, in Francia questo sostantivo sia stato portato dagli Arabi (la parola originaria sarebbe al-beg) non cambia i termini della questione; vale a dire che a noi è arrivato tramite il francese.

Pietro Calà Ulloa, autore di una storia della letteratura del Regno di Napoli, oltre un secolo e mezzo fa, prima dell’Unità, spiegò il motivo per cui si era servito  della lingua francese e non di quella italiana nella stesura dei due volumi della sua opera: “Mi sia permesso ora di esporre la ragione per cui io ho preferito la lingua francese alla lingua italiana, se abitualmente un italiano è poco istruito dei modi per scrivere con purezza ed eleganza. Di necessità bisogna avere sempre l’aria di balbettare un idioma straniero; così il colmo del successo sarà di far dimenticare di essere straniero. Ma la più bella lingua potrebbe non essere la  più diffusa, e di tutte le lingue d’Europa, la francese è la più universale per la sua impeccabile precisione e per la sua incommensurabile chiarezza; così essa è diventata il più meraviglioso e il più energico veicolo di comunicazione”.

Parole francesiultima modifica: 2010-02-06T15:04:04+01:00da manphry
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