Ornela Vorpsi

Strana vicenda quella del romanzo della giovane scrittrice albanese, Ornela Vorpsi (Tirana 1968),  che porta il titolo “Il paese dove non si muore mai”. L’autrice, infatti, che vive a Parigi, ma è stata in Italia per diversi anni, ha scritto questo suo primo romanzo in italiano, però l’ ha pubblicato in Francia nel 2004. L’anno dopo la casa editrice Einaudi ne ha curato l’edizione italiana.

Il libro fa parte, se così si può dire, di quella letteratura della migrazione che non sempre è conosciuta e forse talvolta osteggiata.

La narrazione è suddivisa in quattordici “quadri” con un epilogo. E’ la storia di una bambina che si fa adolescente in un paese che sembra aver dimenticato la dimensione del tempo. Il padre in carcere, verso il quale non sente nessun affetto; la madre, perché bella è a rischio continuo di attenzioni; la scuola dove si insegna  che il partito è tutto; la delusione dell’ emigrazione.

Perché in Albania non si muore mai? Non si muore mai –viene detto subito ad apertura di libro – perché i corpi degli albanesi sono molto più robusti: “La colonna vertebrale è di ferro. La puoi utilizzare come ti pare. Se capita un guasto, ci si può sempre arrangiare”. Non è solo per questo; c’è un motivo più profondo: l’assenza di paura. “Di polvere e fango è fatto questo paese; il sole brucia a tal punto che le foglie della vigna si arrugginiscono e la ragione comincia a liquefarsi. Da ciò nasce una specie d’effetto secondario (temo irrimediabile): la megalomania, delirio che in questa flora germoglia come un’erba pazza. Da ciò anche l’assenza di paura – a meno che questa non sia dovuta alla forma del cranio storto e piatto, dimora regale dell’insofferenza, se non dell’incoscienza. La paura è una parola senza significato. Lo vedi subito nei loro occhi che sono creature immortali. La morte è un processo estraneo”.

Tutta la vicenda è coniugata al femminile: sembra di stare in una società matriarcale. I titoli dei capitoli del romanzo potrebbero benissimo essere se non sostituiti affiancati da altrettanti nomi di personaggi femminili: la zia, la mamma, la maestra, le vicine di casa; e dove potrebbero essere utilizzati anche  nomi maschili, come il padre, lo zio, il dervish, guarda caso  si tratta di uomini passati a miglior vita o verso i quali non si nutre nessun affetto da parte della ragazzina.

Nella narrazione la protagonista assume nomi diversi, pur restando la stessa persona. In famiglia la bambina impara qual è la cosa più importante in un paese dove tutto sembra eterno. “Ma ci sono cose che appartengono alle case di questa gente più della morte. Una di queste, senza esagerare, è quasi il centro della loro vita. La questione della puttaneria….Ci sono regole che nello spirito di un popolo nascono così, in modo naturale, come le foglie su una pianta. Queste regole da noi si fondano su un’unica tesi: una ragazza bella è troia, e una brutta –poverina!- non lo è. In questo paese una ragazza deve fare molta attenzione al suo fiore immacolato, perché un uomo si lava con un pezzo di sapone e torna come nuovo, mentre una ragazza non la lava neanche il mare! L’intero mare”.

Nel romanzo della Vorpsi i toni “tragici” della vita di una donna in Albania vengono attutiti da una ironia sottile, che a volte sembra coglierti di sorpresa. Essa è più evidente nella narrazione della vita a scuola, con la retorica di Partito che ossessiona gli adulti, ma che non è comprensibile dalle menti ingenue dei bambini. Perché alla mente del bambino sanno parlare le favole dei Grimm, non le proposizioni del Partito.

L’epilogo del libro è amaro, forse più dell’inizio. Esso porta il titolo di “Terra promessa”, per tanti che hanno sperato e sperano che in altra parte del mondo le condizioni di vita siano diverse e migliori di quelle in patria.

“In questa terra, gli albanesi hanno capito che possono morire…La solitudine prende la forma dell’ulcera allo stomaco, si ha bisogno di pillole strane per prendere sonno…La spensieratezza lascia il posto all’angoscia, e tanto per guarire tornano nell’assolata Albania. Lì va già meglio -assicurano.

Non ne vogliono più sapere di terre promesse. Hanno capito che lì si muore, e loro morire non vogliono”.

Ornela Vorpsiultima modifica: 2007-07-21T09:20:12+02:00da manphry
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