Un medico contro l’omeopatia

Fra tutte le medicine cosiddette “alternative” l’omeopatia è sicuramente fra quelle che nel mondo occidentale hanno riscosso il maggior successo.
Fondatore di questa disciplina è il tedesco Samuel Hahnemann (1755-1843) il quale, sperimentando soprattutto su sé stesso le proprietà della corteccia di china e di altre sostanze quali arsenico, digitale e mercurio, si convinse della validità dell’ormai noto principio: similia similibus curantur (il simile cura il simile).

L’introduzione dell’omeopatia nella scienza medica del Regno di Napoli se ebbe fieri avversari, suscitò dall’altra entusiasmi e fece proseliti. Pochi anni dopo la prima pubblicazione, in Germania, dell’Organon di Hahnemann (1810), l’Abruzzo ed il Regno di Napoli presero grandi iniziative per la diffusione dell’omeopatia in Italia. Nel 1834 erano attivi nel Regno oltre 500 medici dediti esclusivamente all’omeopatia e nel 1832 veniva pubblicata in provincia di Teramo la prima edizione in italiano delle “malattie croniche“ pubblicate da Hahnemann nel 1828. Insigni medici abruzzesi diedero credito a questa nuova scienza  e si  impegnarono, a rischio della loro stessa sicurezza personale per favorirne la diffusione. Come avvenne per Rocco Rubini, fondatore del primo ospedale omeopatico italiano, il quale subì le vendette dei medici tradizionalisti che tentarono con forza di distruggere questo nuovo metodo terapeutico.

 

Il dottor Melchionne Imbimbo della città di Ariano Irpino (Avellino) pubblicò nel 1824 una “lettera aperta” per confutare le teorie del dottor Samuele Hahnemann sull’omeopatia.

La lettera, datata Ariano 30 agosto 1824, inizia con una dotta disquisizione in cui si citano autori contemporanei e del passato, ma con un pizzico di ironia: “Un pocolin di sana critica ha destato in me l’umore di ripassar il sajo allo Scrittore Alemanno (S. Hahnemann) sol perché la mente de’ giovani anzidetti (gli studenti di medicina) non resti macchiata dall’empirismo, che questo novello

Riformatore della moderna medicina intende stabilire”. E se la prende anche con il traduttore italiano della principale opera del medico tedesco l’ Organo “tradotto dal  Signor Quaranta tra mille contraddizioni, insufficienze ed idee diserte, che in un paragrafo sono ammesse ed in un altro ripudiate, ha voluto divenire Autore di un sistema, che con uno spirito di novità può far cadere i giovani poco addestrati nella carriera medica in uno scompiglio di idee”.

Ad un certo punto del suo discorso il dottore Imbimbo riferisce un fatto accaduto realmente ad un abitante di Bonito (Avellino), per dimostrare come guarigioni dovute al caso non abbiano nulla a che vedere con l’omeopatia. “Amerei –sottolinea il medico arianese- che non si confondessero le cure anzidette con quelle che l’azzardo, ed alcune combinazioni a noi del tutto ignote li fanno avere un esito fortunato: Eccone un esempio in una cura, della quale diedi conto al mio rispettabile maestro Signor Don Pasquale Cattolica. nella fine di novembre 1818, Pasquale Flumeri di Bonito di questo Distretto (Ariano) riportò un colpo di baionetta nell’addome. Egli restò gravemente ferito nell’omento, ed intestino tenue, e dopo sei giorni mi riuscì portar a termine la cura di prima intenzione. L’infermo circa quindici giorni prima della riportata ferita si era liberato di una febbre quotidiana. Fu sorprendente l’osservare, che la detta febbre si suscitò di bel nuovo pochi minuti dopo che ebbe riportata la ferita, persistendo il medesimo tipo durante i detti sei giorni. Per un criminoso incidente nel mentre che la febbre era nel suo aumento gli fu propinato qualche granello di sopra-cloruro di mercurio in un bicchiere con lo sciroppo di papavero: tutto non lo inghiottì, perché subito avendone risentito i potenziali effetti nella lingua, e sullo stomaco, si astenne di bevere il restante. Per fortuna mi trovai presente alla tragica scena del tentato avvelenamento, ed accortomi, che era il mercurio sublimato corrosivo lo liberai all’istante col bianco d’uovo, antidoto, che si prescrive dal ridetto Signor Orfica nella pagina 110 della sua Tossicologia generale, per  cui tutto il triste apparato si sciolse dopo qualche minuto con un grato calore universale che sopraggiunse, e la detta febbre nel suo aumento cessò di botto senza mai più presentarsi. Questa osservazione farebbe molto per Hahnemann e suoi proseliti; in quanto a me la reputo per quel che vale, e non oserei mai appellarmi a tale esperienza per cimentare la vita degli uomini anche con dosi refrattissime del sopra-cloruro di mercurio ammezzo all’orgasmo generale”.

 

La conclusione della Lettera del dottor Melchiorre Imbimbo è naturalmente scontata: “Io fedele osservatore di tali suoi precetti (del prof. Antonio Sementini della scuola medica napoletana) dal mio canto impiegherò tutto perché sia rispettata la filosofia medica ippocratica, e perché l’empirismo non ponga radici nel nostro suolo beato”.

 

 

Un medico contro l’omeopatiaultima modifica: 2007-11-25T20:25:29+01:00da manphry
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