A Baiano (Avellino) dopo l’8 settembre 1943.

Se la storia locale può essere considerata un genere a sé, pur nell’ambito  della storiografia, questo libro di Galante Colucci fornisce una risposta affermativa ( G. Colucci, La guerra nel Mandamento: 1943, bombe su Baiano, presso Stampa Editoriale 2008). La storia locale scritta spesso da storici non di professione si connota per due qualità proprie: l’attaccamento al proprio luogo di nascita o di “adozione” e la scrittura che è quanto mai vicina al discorrere familiare e colloquiale.

La ricerca di Galante Colucci sui fatti che seguirono l’8 settembre del ’43 in una particolare area della provincia di Avellino, il baianese, scaturisce proprio dal fatto che l’autore è nato a Baiano e che abbia sentito la necessità di far conoscere i lutti e le privazioni e i disagi che i suoi compaesani ebbero a soffrire in conseguenza di una  guerra che all’improvviso si erano ritrovata all’uscio di casa. “Lo spunto [della ricerca] è nato nel mese di settembre del 1993, in occasione del cinquantesimo anniversario dei fatti tragici della seconda guerra mondiale…Rilevai che riguardo al mio paese, Baiano, non era stato scritto nulla; e per l’amore che nutro per il luogo d’origine provai un profondo senso di amarezza perché era stato dimenticato ciò che era accaduto a Baiano”.

E così, come è solito fare, Galante Colucci si è messo a ricercare non solo tra le carte d’archivio le notizie riguardanti questo periodo, che fu tanto breve quanto tragico, ma è andato a rintracciare le persone, non molte e oggi tutte anziane, che vissero quei giorni. Il riferimento alla documentazione archivistica si intreccia così con il racconto della gente che si trovò ad essere spettatore o protagonista suo malgrado.

L’autore si sforza sempre di fornire le diverse interpretazioni anche  di un singolo avvenimento; nulla di particolarmente determinante ai fini della comprensione generale dei fatti, ma ci fa capire come egli si ponga il problema scottante della imparzialità del ricercatore. Come, ad esempio, sulla resistenza  in Irpinia: si può dire che ci sia stata? Galante Colucci  analizza con dovizia di dati e di riferimenti le diverse interpretazioni, nell’incertezza di una conclusione. Un poco come avviene per le etimologie dei nomi dei nostri paesi, spesso una esercitazione per quanto piacevole, ma altrettanto inutile.

Il lavoro di Galante Colucci è interessante soprattutto in quelle parti dove ricostruisce momenti di vita vissuta, come nella narrazione del contrabbando. “Vi erano –scrive Galante Colucci- anche quelli che partivano con le biciclette, seguendo la dura salita del valico di Monteforte e il passo della Serra; si fermavano nelle campagne dell’arianese se avessero trovato qualcosa da acquistare, oppure procedevano verso Foggia…difficoltà per i ciclisti erranti scaturivano dal fatto che le bici non avevano i tacchetti di gomma per i freni e in commercio non esistevano…Essi fissarono al pedale una tavoletta un po’ allungata, che in discesa piegavano e pressavano a terra, in modo tale che fungeva da freno”.

Il nostro autore ricostruisce una per una la triste fine delle tante persone che persero la vita sia per effetto dei bombardamenti sia per lo scoppio accidentale di mine inesplose e abbandonate. Le vittime  di queste ultime furono soprattutto i bambini.

Non manca anche una annotazione di carattere ecologico quale quella del sequestro e disboscamento del bosco di Arciano, con l’epilogo del risarcimento, circa sette milioni di lire, che suona quasi una beffa nei confronti della locale amministrazione, che ne aveva chiesto quattordici. Riferisce in proposito Galante Colucci ” Il Comando Alleato requisì nel paese non solo alcuni palazzi, ma anche parte del bosco Arciano”. Come conseguenza: “Il Comune di Baiano ne soffrì finanziariamente [perché il taglio del bosco costituiva una cospicua entrata] e le donne per il periodo dell’occupazione non poterono accedere al bosco per raccogliere la legna”.

Senza questa ricerca le vittime civili del baianese, fatta eccezione di quelle  note, sarebbero rimaste nell’ anonimato. “La gravità  –spiega Galante Colucci- è che le nostre Comunità hanno dimenticato i loro nomi calandovi sopra un velo di oblio”; non così i familiari delle vittime che hanno vivo quel ricordo straziante. E  attraverso queste testimonianze  l’autore ha “cercato di ricostruire quei giorni atroci”.

Il volume si chiude con la descrizione delle prime formazioni di partiti politici che avviarono anche nella nostra provincia la rinascita della vita democratica.

A Baiano (Avellino) dopo l’8 settembre 1943.ultima modifica: 2008-12-08T13:31:24+01:00da manphry
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