Il gioco delle carte è un passatempo dei più praticati nei paesi del Mezzogiorno interno; non c’è bar dove non si giochi a scopa, briscola o tressette. A me, che non sono un giocatore, piaceva, talvolta, assistere nel bar del mio paese a “scontri” tra giocatori espertissimi , che si sfidavano fino all’ ultimo punto per una birra o un caffè. E quando non si riusciva a formare il quartetto (si sa che il tressette in genere si gioca in quattro) e io avrei potuto essere il quarto, gli esperti “duellanti” deponeva le armi rinviando lo “scontro” ad altro momento, sempre che fossero disponibili giocatori alla loro altezza.
Ho ripensato spesso a quei momenti. Sebbene non mi sia mai offeso di essere considerato giocatore di poco conto ( non fosse altro perché si stava tra carissimi amici), la “lezione” mi ha fatto capire una cosa importante e più che mai valida ai nostri giorni. Il giocatore abile, esperto, intelligente vuole avere un avversario che sia alla sua altezza. Perché non c’è nessun gusto a vincere con una schiappa.
Ed è quello che sta accadendo nell’ agone politico nostrano. E’ il disarmo unilaterale, così una volta si soleva chiamare il deporre le armi dinanzi ad un avversario che è una schiappa. Il bravo giocatore difficilmente si abbassa al livello del giocatore scarso; capisce che lo scontro è impari e che non si prova soddisfazione nel vincere un pivello. Con i bambini in casa si gioca, al massimo, ad asso piglia tutto.
C’è, però, una conseguenza poco piacevole di questo volontario disimpegno dell’esperto dinanzi alla pochezza degli avversari. Si abbassa il livello della competizione. Si gioca al ribasso; o meglio, la competizione “sentita” diventa una schermaglia senza senso e senza gusto della vittoria. Un anno, parecchio tempo fa, la Juventus (o l’Inter, non ricordo bene) aveva vinto lo scudetto con molte giornate di anticipo; all’ ultima partita, un derby, mise in campo la squadra primavera, che perse l’incontro per otto o nove a zero. Di quella partita nessuno si interessò e di essa non è rimasto niente negli annali calcistici, perché insignificante.
La televisione in quest’ultimo anno è irriconoscibile, rispetto al passato; scaduta in tutti i suoi programmi. E a quella pubblica si adegua quella dei privati, con la differenza che quella pubblica la dobbiamo anche pagare col canone. Si preparano pranzi da mattina a sera, film e telefilm gialli a tutte le ore. Si mangia, si uccide, si discute a vuoto e spesso un poco di porno si aggiunge, non guasta mai.
E in politica, le cose non vanno diversamente. Formare una lista per elezioni amministrative è diventato un problema. Non mancano certamente i candidati, ma succede quello che succedeva per i miei giocatori del tressette; nessun giocatore valido, esperto, capace ha la voglia di scendere in campo contro avversari, che definirli alle prime armi, è già una forma di lode. “E un Marcel diventa / ogne villan che parteggiando viene”, come già ebbe a scrivere Dante (Purgatorio, VI, 125), quando i peggiori popolani erano diventati nemici di ogni autorità riconosciuta, ma con molta presunzione e niente più.
In mancanza di qualsiasi possibilità di confronto ( ci insegna l’aritmetica che le quattro operazioni si eseguono solamente tra grandezze omogenee e perciò confrontabili) nasce la tendenza al ritiro dal mondo. O meglio, a non farsi vedere: Perché potrebbe anche a voi capitare quello che mi è capitato lo scorso mese. Per essere andato a messa la domenica, ho suscitato morbosa curiosità: che è venuto a fare?
E si mette in moto la dietrologia, unica attività culturale di chi non ha cultura; e perciò deleteria.
Virgilio Iandiorio