Quando si dice élite

Siamo sicuri di parlare tutti la stessa lingua? Dalle cose che accadono intorno a noi, tutto porterebbe  a credere che ci comprendiamo molto poco. La lotta contro le élite è il fattore unificante in questo momento politico; non importa in quale ramo dell’attività umana esse dimostrino le loro capacità. La parola élite, infatti, che sarebbe elogiativa, ha assunto una connotazione tanto dispregiativa, da far ritenere che debba essere cancellata dal vocabolario e di conseguenza dalla vita politica.

Se élite è una cattiva parola, competenza è diventata sinonimo di casta, e il non competente una persona virtuosa. Non parliamo del possesso dei titoli di studio: non necessari, anzi nocivi alla corretta amministrazione della cosa pubblica. In un pubblico consesso un consigliere richiamato sull’ uso improprio del titolo di dottore ha risposto di essere laureato presso l’università della strada. E in qualche paese, mi risulta, se si vuole offendere un concittadino gli si dà dell’uomo di cultura.

Non crollano solo i ponti autostradali, in questa nostra penisola ci sta crollando tutto addosso. E noi facciamo come il Don Ferrante dei Promessi Sposi, che se la prendeva con le congiunzioni astrali sfavorevoli, quando la peste intorno a lui mieteva vittime.

Si chiama Ortensio Lando, lo scrittore milanese che nel 1544 scrisse dei Paradossi cioè sentenze fuori del comune. Il terzo di questi paradossi si intitola “meglio è d’essere ignorante che dotto”.

“Certissima cosa è che tutte l’ eresie tanto antiche, quanto moderne, sono dalli dotti nate, e da gli indotti sempre ho veduto espressi indizi de buoni esempi e virtuose opere, di maniera ch’io non posso se non lodare una vecchia usanza d’alcuni popoli italiani, li quali per pubblico editto pria che i lor consigli si congreghino gridasi:” Fuori, fuori i letterati, e quelli insieme che sono di mediocre senno”, per questo intendendo e notai, cancellieri e altri simili. Lodo similmente i signori lucchesi, li quali prudentemente fecero già un decreto che niuno che dottore fusse sedesse nel magistrato, temendo che gli uomini di lettere, con il loro sapere, non perturbassero la quiete e buoni ordini della città, né veramente fuor di proposito temevano, con ciò sia che i litterati credansi con un quanquam [sebbene] poter gittar il mondo sozzopra, e confondere l’universo, sempre ritrovando qualche uncino, o qualche storta sposizione da pervertire ogni nobile e florido intelletto. Non vede ognuno che ciò che il dotto tocca lo fa in eresia come Mida l’oro subito tramuttare?”.

E se in un pubblico consesso ti permetti di dissentire su un argomento in discussione, apriti cielo! E allora le élite, le competenze ecc. sono da cancellare?

“Qualunque dubita – si chiedeva  il Lando- che rea cosa non siano le lettere, dicami per cortesia, se fusser buone li Principi soffrirebbono d’averne  tanta caristia? Noi sappiamo pur come sono [i Principi] curiosi investigatori [accaparratori] delle cose buone. Credo io certo, poi che la roba e il sangue togliono si spesso a’ poveri vassalli, così gli torrebono anche le lettere, se conoscessero che di giovamento o di delettazione alcuna fussero; e anche penso che il gran collegio de’ Cardinali se elle fussero punto amabili, o di sé desiderio alcuno movessero, non ne patirebbe tanto difetto quanto ne pate”.

La “rivoluzione” populista dà a molti, con la scusa della lotta alla casta, anche  il privilegio di maltrattare gli avversari.  Se ti poni contro chi fa il bene comune, sei contro il bene comune. Come  in matematica, per la relazione transitiva.

Virgilio Iandiorio

Quando si dice éliteultima modifica: 2018-09-17T10:16:42+02:00da manphry
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