PONTE: parola leggera.

Come tra le creature umane, così tra le parole ci sono le fortunate e le sfortunate. La parola ponte, è una di quelle sfortunate, soprattutto oggi dopo i tristissimi eventi. In diversi paesi della regione appenninica meridionale, alcuni ponti antichi si portano dietro il genitivo epesegetico (chiarificatore) di “ponte di Annibale” o “ponte del Diavolo”, che poi finisce col rappresentare la stessa cosa, visto che il grande Cartaginese per i Romani fu più che il diavolo. Per i nostri antenati un ponte era considerato opera diabolica. Eppure è usato metaforicamente in tanti contesti, parola che da sola basta ad indicare legami tra cose distanti tra loro (chi non ricorda Il Ponte sulla Drina, titolo del romanzo di Ivo Andrić).

Giacomo Devoto, uno dei massimi esperti di linguistica indoeuropea , latina e italiana, pubblicò un buon numero di articoli sul quotidiano fiorentino La Nazione  illustrando la funzione delle parole che oggi “si collocano in  serie vaghe e approssimate, e documentano la alienazione più caratteristica del nostro tempo, quella linguistica”. Su La Nazione di Firenze del  1 novembre 1962, egli scrive la storia della parola “strada”.

“Immaginate -spiega il Devoto- un triangolo isoscele, al cui vertice superiore sia la sigla PONT. Ai due vertici inferiori stanno le due parole che, trasparenti anche per noi, appaiono in latino rispettivamente nella forma iter e via.

E’ iter originariamente la pista E’ l’immagine del sentiero, non definito da alcun manufatto, ma costituito dalle impronte dei piedi di tante generazioni di uomini: la sua radice è EI andare.

Via è invece il sentiero, suscettibile di un impiego più importante che il semplice camminare, il sentiero che consente trasporti, prima someggiati, poi carreggiati: la sua radice è WEGH trasportare.

Solo ponte ha, fin dalle origini, il senso astratto, completo, stabile della nostra “strada”, della quale non indica né l’ampiezza, né il tracciato, né la pavimentazione, né la compiutezza, ma solo la funzione. La strada trasporta uomini e cose, collega uomini e mercati.

A questa strada, così fissata lessicalmente, così chiaramente riconoscibile nei suoi elementi fonetici, non domanderemo connotati più antichi. Essa del resto si rifiuta a qualsiasi analisi etimologica ulteriore”.

I Romani dell’VIII secolo si trovarono di fronte a un problema di viabilità per quei tempi difficile da risolvere. Per andare in Etruria o a Cuma dovevano valicare il Tevere. “Come attratta da uno vuoto improvviso – sottolinea il Devoto-, la parola PONT si precipitò a riempirlo, e così assunse il significato nuovo di ponte, perché solo la vittoria sul fiume assicurava piena funzionalità ai traffici della placida regione laziale. Il latino pons ci ricorda un tempo in cui il ponte fu definito come la strada (per eccellenza).”

Se guardiamo una fotografia aerea di un territorio vedremo come i luoghi conservino ancora oggi analoga rede stradale. “La sua sostanziale stabilità -commentava il Devoto- ci insegna, ancora una volta, che la geografia comanda in uno stesso modo: a quelle piste preistoriche, alle strade medievali, alle ferrovie, alle moderne autostrade”.

Consideriamo queste parole un monito, un invito a studiare la geografia e la storia. Aver inventato a scuola la materia geo-storia, non si è costruito un ponte tra due discipline, ma solamente creato confusione. Bisogna stare attenti prima di gettare via l’acqua sporca insieme col bambino che si sta lavando. Un monito che vale soprattutto per quanti si sentono investiti di alti compiti amministrativi.

Virgilio Iandiorio

PONTE: parola leggera.ultima modifica: 2018-09-17T10:22:36+02:00da manphry
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