Il candidato ideale

Come accade per i grandi centri commerciali nelle giornate con gli sconti, quando si formano file lunghissime di acquirenti pronti a scattare all’ apertura delle porte, così avrei atteso davanti all’ ingresso dell’edificio scolastico l’apertura dei seggi la fatidica mattina del 4 marzo 2018. Se fosse stato candidato Ferdinando II (re di Napoli dall’ 8 novembre 1830 al 22 maggio 1859).

Qualcuno potrebbe dire, che un re non ha bisogno di elettori, di urne e di schede perché re lo si diventa per diritto divino ed ereditario, e basta. Ma Ferdinando II è il mio candidato ideale, e non gli chiedo nemmeno con quale partito si sia schierato, né vado a contare le stelle del simbolo, ammesso che nel suo ce ne fossero. E’ sufficiente il suo primo gesto appena salito sul trono di uno dei più grandi regni della penisola.

Tre giorni dopo la sua incoronazione, “11 novembre 1830. Il Re ordina il viver suo con la semplicità di modesto borghese; rinunzia a pro dell’ erario cento ottanta mila ducati l’anno della sua cassa privata; abolisce dispendiose caccie, rende all’ agricoltura ed alla pastorizia le terre per quelle allogate alla Corona; atti di moderazione maravigliosa in giovine Principe; che inchinevole a’ piaceri è la gioventù, ed a coloro che a’ popoli soprastanno, di forza di animo più che agli altri uomini è mestieri per signoreggiar sé medesimi, domar le passioni, riposatamente seguire i dettati di ragione”.

Altro che decurtazione dei vitalizi, che hanno così fatto scalpore nella scorsa campagna elettorale. Ferdinando II è il mio candidato ideale, quello che rinuncia volontariamente a qualcosa che gli sarebbe spettata per antica consuetudine.

L’anno successivo, l’11 gennaio 1831:” Con le prime parole auguste aveva il Re fatto manifesto le spiacevoli condizioni della finanza, il proponimento di opporre un termine al male, l’ardente desiderio di alleviare i pubblici pesi… La qual leale franchezza ben a ragione Ei diceva degna di Lui e degna del popolo generoso di cui la Provvidenza affidavagli il governo. Laonde imprendeva a discorrere la storia de’ nostri mali economici, a chiarirne le origini, a statuirne i rimedi”.

“Co’ provvedimenti nel 1826 dati pe’ Domini di qua del Faro, erasi fatto sperare stabile equilibrio fra le rendite ed i pesi [nel bilancio] dello Stato. Ma quelle speranze andaron deluse; che le sventure del 1820 [i moti insurrezionali del 1820-21], oltre ad ingente debito consolidato, cagionarono nella finanza il voto di altri quattro milioni trecento mila e più ducati, di anno in anno cresciuto dagl’ interessi. Comeché designato col titolo misterioso di “debito galleggiante” datogli da’ moderni scrittori di economia, grave è quello di assai e forse più che altri molesto, precipuamente perché mancante del presidio di provvida e perenne estinzione”.

“Il Re aveva fatto generosi sacrifizi, e sarebbe stato ingiurioso il sospettar solo, che coloro a’ quali sono da Lui commessi i pubblici offici fossero sì poco solleciti del bene della terra natale, e sì di virtù poveri che non dovessero seguir con virtuoso animo l’esempio che loro dava l’operoso Monarca. Fu quindi deliberato diminuire per alcun tempo e con particolari norme le provvisioni e la pensioni di grazia e di giustizia, fatta eccezione in favor di chi godesse assai scarsi emolumenti, perché niuno venisse a mancare del bisognevole. Prima di tali provvedimenti l’augusto Legislatore consultava la storia, ed istrutto da quella solenne maestra di prudenza e di pubblica economia, confortavasi alla richiesta riforma, fatto certo che le provvisioni di ogni maniera non rimarrebbero minori di quelle già in uso nella Monarchia” (ANNALI CIVILI DEL REGNO DELLE DUE SICILIE, vol. I gennaio-aprile 1833).

Virgilio Iandiorio

 

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Il candidato idealeultima modifica: 2018-03-26T14:35:56+02:00da manphry
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