Il marchese Antonio Granai Castriota

Tra i nobili albanesi che vennero in Italia dopo la morte di Skanderbeg (1468) c’erano anche gli avi di Antonio Granai Castriota, marchese di Atripalda (in provincia di Avellino), che apparteneva a un ramo secondario dell’illustre casata di Skanderbeg, “Il nonno, tale conte Branai o Brana (poi italianizzato in Bernardo), dopo le avventurose nozze contratte con Maria Zardari (italianizzazione di Sagdara), si era trasferito nel Regno di Napoli, in seguito all’invasione turca dell’Albania; dopo la sua morte, i suoi discendenti presero nome di Branai (poi Granai) Castriota. Negli anni a cavaliere dei secoli XV e XVI, i Granai Castriota si distinsero, nella vita politica e militare del Regno, per la loro fedeltà prima ai re aragonesi e in seguito ai governanti spagnoli… Fu con Alfonso, figlio di Bernardo, che la casa Castriota raggiunse i livelli più alti: Governatore della provincia di Terra d’Otranto, rappresentante della nobiltà “titolata” nel Parlamento Generale del Regno. E il figlio Antonio assunse, maritali nomine, il titolo di duca di Ferrandina e conte di Copertino, e, alla morte del padre, ebbe anche il Marchesato di Atripalda (Giovanni Agostino Caccia, Satire e capitoli piacevoli (1549) a cura di Benedetto Buono, 2013).
Valorosi uomini d’arme, i Castriota Granai si interessarono anche alla vita culturale del loro tempo, intrecciando legami con alcune delle figure più rappresentative della letteratura napoletana e italiana del primo Cinquecento: Antonio Galateo, Niccolò Franco, Iacopo Antonio Ferrari, Luigi Tansillo, Marcantonio Epicuro.
Vincenzo Ciarlanti (Memorie historiche del Sannio, 1644) a proposito dei “Signori andati in rovina dopo la morte di Lotrecco” (Odet de Foix, conte di Lautrec) avvenuta a Napoli nel 1528, scrive:” Antonio Castriota andò tra questi tempi anche in rovina non per questa cagione [la guerra con i francesi], ma per la sua molta prodigalità. Rimase egli non solo ricco di beni paterni, perché fu duca di Ferrandina, e Marchese dell’Atripalda; ma anche di molti doni del corpo, e dell’animo, essendo il più gagliardo giovane di quanti erano al suo tempo, uomo di lettere, magnanimo, valoroso ed intrepido; ma tante virtù furono in lui contaminate da una natura impetuosa e superba, che lo condusse ad infelice morte, con esterminio di sì nobilissima casa. Venne in contesa con Gio.Girolamo Carrafa, e fattisi degli incontri, e poi sfidatisi a duello, il Duca andò in Lombardia con intenzione di combattare, e fé una spesa piuttosto di Re, che di Principe soggetto; perché fé venire da Grecia ventissette cavalli, che gli costarono da diecimila Ducati, e condusse tanta gente a piè, ed a cavallo, ch’ era necessario mandarle divise in tre partite, per potere allogiar comodamente… con queste, ed altre simili pazzie si ridusse in molta necessità, alla quale si aggiunse la morte della Duchessa sua moglie, che per non aver fatto figli, il Ducato, e le altre Terre di quella furono devolute alla Corte, ed a lui solo restò l’Atripalda , la quale non bastava a pagar la terza parte de’ debiti, che fatti avea.… Tornando in Napoli, [dopo la visita in Germania all’Imperatore] giunto a Venezia [nell’anno 1549], vi fu accolto con molto onore, ma con porre fine alla casa, ed alla sua vita imperocchè invitato in una festa, usando non so che insolenza contra un gentiluomo principale veneziano, fu egli ferito in testa da un barcarolo di quello, e vi resto morto con dispiacere grande di tutta quella Repubblica, come si vede pel sonetto, che gli fu fatto il quale incomincia: Giovene illustre altieramente nato.
Virgilio Iandiorio

Il marchese Antonio Granai Castriotaultima modifica: 2015-03-30T13:25:57+02:00da manphry
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