Il terremoto del Vulture

Lo definirono il terremoto del Vulture, quello che colpì la parte settentrionale della  provincia di Avellino il 23 luglio del 1930. Non che un terremoto in più concorra a fare la differenza. Dall’Unità d’ Italia ad oggi se ne contano, con origine nell’area altirpina, almeno una ventina.

I paesi irpini furono investiti con intensità diversa a seconda anche della distanza dall’epicentro del sisma; si va dai 10 gradi Mercalli registrati per Aquilonia vecchia, Scampitella, Villanova del Battista, Lacedonia, Vallesaccarda; ai 9 gradi di Montecalvo, San Nicola Baronia, Ariano Irpino, Bisaccia, Castel Baronia, Flumeri, Monteverde, San Sossio Baronia, Zungoli.

Il terremoto avvenne, come noto, nel mezzo della notte.  Ebbe la durata di 45 secondi.

Il Corriere dell’Irpinia, 23 agosto 1930, scriveva: “L’Irpinia attende che tutte le sue piaghe siano curate con mano sollecita, esperta e fraterna, nei paesi e nei campi. Essa si è rivelata poverissima di comunicazioni stradali, di acquedotti, di opere igieniche e assistenziali, massime nella zona folgorata dal flagello. Ha bisogno di trasformazione radicale, più che di ricostruzioni. E’ il momento di riparare a tutta l’infeconda politica parlamentare che la mantenne per oltre mezzo secolo perniciosamente mancipia di beghe partigiane, di antagonismi balordi e di gretti isolamenti. Ha bisogno di nuovi orizzonti per la rinascita.

Ha bisogno di una vigorosa iniezione di modernità per non cadere all’ultimo livello civile e morale delle regioni d’Italia e per non invidiare la sorte della Cirenaica. E’ il momento di salvarla, prima che i superstiti, stretti alla gola dalla morsa della necessità, se ne allontanino definitivamente. E’ il momento di non lasciarla dissanguare. Oggi, o mai più”.

I danni maggiori in termini di vite umane ed economici li subirono i comuni irpini: Aquilonia con 281 morti e 600 abitazioni crollate; Villanova del Battista 166 morti, 400 case crollate; Lacedonia 190 morti e 300 case crollate; Trevico 140 morti e 500 case distrutte; Ariano Irpino 83 morti, 907 abitazioni crollate; Montecalvo 71 morti e 330 case crollate; Bisaccia 18 morti e 137 case crollate; San Sossio Baronia 42 morti e 50 case crollate; Zungoli 16 morti e 48 case crollate; Monteverde 12 morti e 110 case crollate. Morti e crolli in misura meno tragica degli altri paesi ci furono a Castelbaronia, San Nicola Baronia, Vallata, Frigento, Calitri, Carife, Flumeri, Grottaminarda, Mirabella, Savignano.

Pochi giorni dopo il sisma il Re Vittorio Emanuele III e la Regina Elena visitarono le popolazioni terremotate. Nella prima mattinata del 27 luglio la coppia reale in treno giungeva a Rocchetta Sant’Antonio. Mussolini non si recò nelle zone terremotate, anche se nel mese di agosto aveva manifestato l’intenzione di farlo.

Il terremoto del Vultureultima modifica: 2007-08-01T08:47:27+02:00da manphry
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