Mons. Nicola Gambino

Se si chiedesse ai suoi amici e conoscenti di racchiudere in una immagine il ricordo di mons. Nicola Gambino, credo che tutti lo ricorderebbero dietro la sua scrivania circondato da pile di libri e cartelle di appunti. A Rocca San Felice, a Candida o a Mirabella, paesi dell’Irpinia che l’ hanno avuto parroco, i libri e le carte erano la sua passione; la ricerca  storica lo intrigava a tal punto da lasciare in ognuna di queste comunità un segno tangibile del suo legame forte con la terra che l’ospitava.

Mons. Gambino non aveva avuto la fortuna di frequentare corsi regolari di archeologia o di altre discipline  del mondo antico. Quello che sapeva era frutto delle sue letture e del suo lavoro di ricerca presso biblioteche e archivi.

Nel 1957 nella premessa all’opuscolo dedicato alla storia di Rocca San Felice con poche espressioni delineava il suo modo di fare storia: “Ho inteso raccogliere alcuni ricordi di avvenimenti antichi prima che svaniscano come moltissime memorie del nostro passato disperse con evidente ignoranza”. La sua ricerca storica aveva una precisa  finalità: suscitare nella comunità l’entusiasmo necessario per migliorarne le condizioni di vita culturale e materiale.

Qualche mese prima del terremoto del 1980 mons. Gambino pubblicò un consistente volume su Fontanarosa e la Madonna della Misericordia. Ritorna anche sulla copertina di questo libro la parola “appunti”, quasi a voler indicare che nella ricerca storica non ci può essere qualcosa di concluso, ma tutto può essere integrato o corretto, e soprattutto ogni cosa va annotata.

Per mons. Gambino la ricerca storica era un coinvolgimento totale. Non si può scrivere della storia di una comunità se non ci si sente pienamente immersi in essa. E’ un’idea che il parroco-archeologo chiarisce molto bene nella premessa del volume su Aeclanum:” (la ricerca storica) non era un esercizio erudito per raccogliere le notizie meno note o più curiose della vita paesana del passato. Ma era lo sforzo di penetrare attraverso fatti episodici nell’animo del popolo al quale appartenevamo. L’individualità del paese oltre che spiegare anche la nostra indicava pure la corsia preferenziale sulla quale avrebbe camminato lo sviluppo futuro ed il miglioramento morale, religioso ed economico del popolo”.

Può sembrare una situazione dimidiata, quella dello storico locale, tra l’amore per il proprio paese e la corretta esposizione dei fatti che non può indulgere a partigianerie di sorta. La riflessione di mons. Nicola Gambino in proposito è sincera e chiara. Rivolgendosi al lettore del libro su Fontanarosa egli afferma:” Qualche mia ipotesi forse non ti piacerà e dirai che è tanto più bella e affascinante la leggenda. Ho sfogliato parecchi libri di storia, in particolare di storia locale, e mi ha fatto impressione negativa l’impegno posto nel volere a qualunque costo etichettare di storia semplici racconti popolari. Forse che la devozione alla Madonna potrà subire una diminuzione per aver ricercato la verità storica?”

Egli sosteneva che la storia antica ha sempre un legame con l’attualità storica del nostro tempo; e nell’opuscolo sulla chiesa avellinese del 1990 scriveva:” La logica delle svolte storiche oggi si ripete, anzi la viviamo”.

Negli ultimi anni della sua vita si fece sempre più insistente l’idea che una ricerca di storia locale dovesse essere scritta a più mani. E così  nel 1991 videro la luce i due volumi sulla Mefite, per ricordare Vincenzo Maria Santoli, sacerdote di Rocca San Felice nel secolo XVIII autore della prima opera sulla Valle di Ansanto.

Quando la morte lo colse il 6 dicembre dell’anno 2000, aveva già pronti per la stampa due volumi. Quello sulla Madonna delle Grazie di Mirabella, pubblicato postumo a cura di don Pasquale Di Fronzo; l’altro su Raimondo Guarini, anch’esso pubblicato postumo. Segno che il suo messaggio è ancora vivo e attuale. 

 

Mons. Nicola Gambinoultima modifica: 2007-07-28T21:37:58+02:00da manphry
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