LEONARDO DE MARTINO

Rassomiglia un poco all’araba fenice “L’Arpa di un Italo Albanese”, libro pubblicato a Venezia nel 1881; perché tutti ne parlano ma pochi, io credo, hanno avuto modo di leggerlo o almeno di sfogliarlo. Il suo autore Leonardo de Martino era nato a Greci  nel 1830. Divenuto  frate francescano, Leonardo De Martino venne inviato quale missionario a Shkroda (Scutari) nel 1865. In questa città dell’Albania, con il sostegno dell’allora ministro della Pubblica Istruzione italiano, Francesco Crispi (anche lui di origine Albanese), Padre de Martino  si attivò per l’apertura della prima scuola italiana in quella nazione.

“Il nome di Leonardo de Martino (1830-1923) è legato all’opera L’Arpa d’un Italo-Albanese , raccolta di poesie composte parte in italiano, parte in albanese, di diretta ispirazione manzoniana. Il volume comprende inni sacri, parafrasi del Pater noster, del Salve regina, un commento del decalogo, poesie d’occasione e un dramma sacro, primo del genere scritto in albanese. Poeta di non grande estro ma abile costruttore di versi forbiti, fu maestro di Ndre Mjedia (1866- 1937) e di Gjergj Fishta (1871-1940)”. Così riporta il  Grande  Dizionario Enciclopedico  della UTET, edizione 1966-1973. Nel 2010 la casa editrice Nabu Press ha curato una riedizione in brossura del libro.

Per un caso fortuito ho avuto, in questi giorni, la possibilità di sfogliare e leggere on line le pagine del libro  di padre Leonardo da Greci nella sua edizione originale.  Ne  riporto qui qualche considerazione “a caldo”.

La prima cosa che ha subito richiamato la mia attenzione è la dedica del volume, un libro di oltre 400  pagine.” Alla cara e imperitura memoria  dell’ egregio e rimpianto non anco trilustre giovanetto Giuseppe De-Martino di Greci  intimo cugino e compagno dilettissimo de’  miei più teneri  anni rapito troppo presto ai vivi perché  col suo raro ingegno poetico fosse un bel giorno d’ Italia insieme e d’ Albania nobile lustro e decoro questo poetico libriccino nato a dispetto dell’ avversa fortuna quindi povero di volume e di merito  ma ricco dell’antico affetto  a modesto ricordo di famiglia dedico e consacro ossequiente”. Può sembrare un atto di amore familiare per gli zii colpiti una ventina di anni prima, nel 1854, dal grave lutto, la perdita del  figlio non ancora quindicenne, per  una febbre tifoidea.

La dedica al cugino defunto viene ripresa e ampliata in un saggio commemorativo da Padre Leonardo (pag. 119-153),  quasi che questa perdita riguardasse tutta la comunità albanese, non solo di Greci, ma di tutta l’Italia. E così in apertura di questa sua memoria egli traccia un breve profilo della storia del paese natio.” Greci paese di origine Albanese, di non più che un quattromila abitanti ; rinomato per la bontà  del suo clima eminentemente elevato puro saluberrimo, e per la dovizia ed eccellenza delle sue limpide fresche e dolci fontane; posto sui monti Irpini, che – insieme a Casalvecchio, Chieuti, Ururi, Portocannone e Campomarino sui colli che separano la Daunia o Capitanata dall’ antico e già  bellicoso Sannio, oggi contado di Molise- costituisce parte della prima colonia Albanese emigrata in Italia nella seconda metà  del secolo XV, ed a ragione si gloria di appartenere alla Signoria che vi godeva un tempo sul Gargano col santuario di San Michele e col castello di San Giovanni Rotondo, nonché sulla città  di Siponto o Manfredonia e su quella di Trani, il più tenace e formidabile nemico dell’ Ottomano Impero, chiamato dagli storici fulmine di guerra, dico l’ invitto e cattolicissimo e sommo Duce degli Albanesi, Giorgio Castriota Skanderbeg.”  E più avanti nel suo racconto così scrive:” Greci, come a testimoniare il fatto ai posteri, è locato precisamente nelle adiacenze tra Orsara e l’ antica città  di Troia in Puglia, là  dove l’ immortale Eroe Albanese, accorso in Italia a difesa del suo fedele amico ed alleato stretto d’ assedio in Barletta, dopo d’aver quivi sconfitto e sbaragliato al primo scontro i Francesi, concorse col senno e col forte suo braccio alla segnalata vittoria, che il 18 agosto dell’ anno 1462 le sue piccole ma valorose schiere, unite a quelle comandate da Francesco ed Alessandro Sforza, e da Federico duca di Urbino, riportarono sul poderoso esercito del Franco Sire Giovanni d’ Angiò ; il quale, favorito dalla congiura de’ Baroni napoletani, aspirava, ed era sul punto di riuscirci, a spodestarne Ferrante d’ Aragona Re di Napoli, e cingersi la corona del costui intero reame.  E’ da questa memoranda e sanguinosa battaglia che un luogo del tenimento di Greci, il quale ne fu il teatro, chiamasi ancora oggidì  lago di sangue; come a ricordanza forse dell’ antica signoria albanese sul monte Gargano, un’ erta ed amena collina a ridosso di Greci si denomina tuttavia il Gargario”.

Nel  cugino adolescente Padre Leonardo vede i caratteri peculiari degli albanesi: “Esemplare era, ma dignitoso e non servile il rispetto che servava ai maggiori : nemico acerrimo della doppiezza e della slealtà  ; affabile, pietoso, amorevole coi compagni”. Individua ancora altre qualità in cui si compenetrano le caratteristiche positive del popolo delle due patrie:” Né però si creda che la sua fosse una  bontà  come a dire, negativa e malvacca, che spesso confina colla dabbenaggine: egli anzi non di rado sentiva anche troppo l’impeto del  maschio ed animoso carattere albanese contemperato al fuoco vulcanico dell’ italiano meridionale” (pag. 131). Sottolinea ancora (p.135) questa caratteristica:” E in tal modo crescendo, e direm meglio fiorendo la vita coi cari studi, i gentili affetti e i magnanimi propositi, precorrendo sempre lo svolgimento dell’ intelletto, e della vergine immaginazione allo sviluppo della fisica energia; virilmente venusto d’ animo e di forme, vero tipo italo-albanse…”.

                                                                            Virgilio Iandiorio

LEONARDO DE MARTINOultima modifica: 2013-03-29T12:26:27+01:00da manphry
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