Il riso di Egnazio.

A vedere le immagini di esponenti pubblici, che non tralasciano occasione per presentarsi sorridenti, mi ritorna in mente, quasi istintivamente, quel personaggio del carme 39 di Catullo. Come vedete gli autori classici ci vengono sempre incontro, perché essi, certe cose, le hanno vissute e sperimentate molto prima di noi. Allora, si ritorna sempre al punto di partenza? Tutto si ripete? Non è proprio così; perché siamo “pezzi” unici. A qualcuno, però, ogni tanto viene in mente di creare le persone con lo stampo, come autoveicoli in una catena di montaggio.

Ritorniamo a Catullo e al señor  Egnazio, che viene dall’Hiberia, cioè da quella che noi oggi chiamiamo Spagna. Questo celtibero, ovvero di quella popolazione  celtica che si stabilì nel centro della Penisola Iberica fondendosi con la popolazione locale, ha un carattere ridanciano. Ride ovunque si trovi e in qualsiasi situazione: in tribunale mentre l’avvocato strappa le lacrime ai giudici nell’  arringa di difesa del suo cliente,  lui ride; al funerale in cui la madre disperata piange la morte del suo unico figlio, lui ride. Evidentemente, rileva il poeta, questo signore Egnazio soffre di qualche malanno particolare. Una patologia, ammesso che lo sia, sintomo di rozzezza e inciviltà, ma anche di pochezza mentale.

Attenzione, a non confondere questo sottile “sfottò” catulliano con atteggiamenti di sotterraneo razzismo. Perché il poeta cita difetti anche degli Umbri, che sono grassocci, degli Etruschi, che sono obesi, e dei Lanuvini, che sono di carnagione scura e “dentoni”. Tutti, però, usano l’acqua di fonte per lavarsi i denti, mentre Egnazio e quelli del suo popolo usano lavarseli con l’urina; cioè la mattina sono soliti strofinare i denti e sciacquare la bocca con l’urina propria.

Il consiglio finale del poeta ad Egnazio: quanto più fai vedere denti bianchissimi, tanto più dimostri di aver bevuto parecchia urina; perciò non ridere più in ogni occasione. Altro che la pubblicità dei moderni dentifrici! Ai nostri moderni Egnazio, sarebbe solo da consigliare di leggere il carme XXXIX di Catullo; sperando che la smettano di comparire sorridenti, quando c’è poco da stare allegri.

Abbiamo  un’altra categoria di persone, anche questa con una tradizione secolare alle spalle. Sono i presenzialisti. Persone sempre presenti ad avvenimenti di qualche importanza,  pronte ad  intervenire alle manifestazioni pubbliche; e quelli, che se lo possono permettere, sempre  essere presenti a incontri mondani, a dibattiti televisivi; e le persone “intellettuali” sempre pronte a partecipare a iniziative culturali, presentazioni di mostre e libri. Pur di far parlare di sé, per esibizionismo, snobismo o per vanità affollano i salotti televisivi.

In passato, nelle provincie interne della Campania, i presenzialisti si chiamavano “mittinnanzi”. Erano quelle persone che, soprattutto ai raduni di partito, facevano di tutto per farsi notare dal politico importante; perché quest’ultimo doveva sapere e vedere chi c’era e chi non c’era. Non era solo per vantarsi, ma anche per poter presentare il conto delle presenze al momento opportuno.

Eppure c’è qualcosa di più che il piacere di vedersi sullo schermo televisivo. I presenzialisti odierni sostengono che  questo loro atteggiamento non è affatto  appagamento della vanità. Esso è testimonianza. Testimonianza per  chi e di che cosa, dovrebbero spiegarcelo.

Non ci resta che l’amara costatazione, sempre del poeta di Verona ( carme 52): Che vuoi, Catullo? meglio morire./  Scrofola Nonio è magistrato,/ Vatinio giura il falso per un consolato./ Che vuoi, Catullo? meglio morire.

Virgilio Iandiorio

Il riso di Egnazio.ultima modifica: 2019-01-01T01:51:12+01:00da manphry
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