Il latino per specialisti: proposta provocatoria?

Si approssima l’apertura delle scuole: qualche considerazione, niente di più, sull’ insegnamento delle lingue classiche. Quando, infatti, si affronta questo problema, siamo portati a vederlo quasi sempre dalla prospettiva di chi è fautore dell’insegnamento del latino e del greco nei nostri licei. Con argomentazioni non incisive. E’ interessante, però, conoscere anche il parere di chi è contrario a mantenere nei licei questo insegnamento. Anche qui, naturalmente, evitando le obiezioni condite di retorica.
Prendiamo la posizione assunta su questo problema in un paese a noi vicino, la Francia, da Paul Veyne: antichista di fama mondiale, professore al Collège de France dove ha tenuto la cattedra di Storia di Roma dal 1975 al 1999, sua una recentemente traduzione dell’Eneide (Belle-Lettres,2013). Egli ha scandalizzato mezzo mondo sostenendo, in un’intervista del 2015, l’abolizione dell’insegnamento del latino e del greco nelle scuole secondarie. “Perché mantenere il latino nell’insegnamento secondario? Per poter leggere nella loro lingua i grandi autori, Lucrezio, Virgilio, Tacito? Ma pochi grandi scrittori hanno tanti lettori quanti ne hanno Tolstoi e Tchekhov; ma quanti francesi conoscono il russo? Nessuno studente liceale leggerà mai Virgilio nel testo originale, a meno di non imparare l’inglese e di trascorrere in classe quindici o venti ore di latino alla settimana, scrivendo delle dissertazioni in latino e componendo dei versi in latino (sì, di esametri e pentametri anche), come fecero Baudelaire et Rimbaud, i quali, da collegiali, ebbero il premio di composizione in latino. Mi si dirà che studiare latino insegna a meglio sapere il francese. E’ vero il contrario. Quando uno conosce che cosa sono “rosa” o “principio”, comprende “rosa,-ae” o “principium,-i”.
Questa la sua proposta alternativa:” In breve, io concordo con l’opinione di Raimond Aron, che mi diceva nel 1975, che bisognava finirla con la questione del latino: L’importante –egli sosteneva- è che in ogni generazione ci siano una cinquantina di specialisti che rifacciano le traduzioni e che scrivano dei libri sull’Antichità classica.
Ecco il progetto che io sottopongo ai nostri “auguri”: sul modello della nostra École nationale des langues orientales, le lingue orientali vive, fondiamo una Scuola delle Lingue Classiche morte, inseparabilmente il latino e il greco. Quelli che ne usciranno faranno carriera nel CNRS (Centro nazionale della ricerca scientifica). L’esperienza prova che un bachelieur (un laureato), che ha la vocazione, apprende, in tre o quattro anni, il giapponese o il tuareg. Avremo così i nostri cinquanta specialisti generazionali di latino e greco”.
In buona sostanza Paul Veyne sostiene che per imparare il latino, e il greco, bisogna dedicarsi a tempo pieno a questo studio, cosa che è impossibile fare in una scuola secondaria. Penso a quando si aumentò a dismisura il numero delle materie d’insegnamento (riforma Brocca) perché si credeva di fornire agli studenti “tutto il necessario” per la vita. Creazione di una scuola superiore delle lingue classiche? Allora ne dovremmo creare, ad esempio, anche una per la matematica, visti i risultati scadenti e lo scarso affetto dei nostri studenti per questa materia.
Ad un’attenta riflessione, le proposte di Veyne ci dicono qualcosa di molto importante. Il latino si impara leggendo e traducendo. E’ lì il segreto. Ovidio, Virgilio ben li leggiamo in traduzione, senza conoscere il latino, proprio come facciamo con l’Ulisse di Joyce, senza conoscere l’inglese.
Virgilio Iandiorio

Il latino per specialisti: proposta provocatoria?ultima modifica: 2017-09-11T00:18:16+02:00da manphry
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