Salvatore Battaglia lettore di Francesco De Sanctis

Anno del bicentenario della nascita di Francesco De Sanctis (1817-1883). Rileggere quanto ha scritto il prof. Salvatore Battaglia sul valore dell’opera desanctisiana è un arricchimento. Il prof. Battaglia (1904-1971) docente di letteratura italiana nell’Università di Napoli, ha legato il suo nome a molte opere di notevole interesse, come il Grande Dizionario della Lingua Italiana per la Utet.
“Forse nessuno avvertì (e difese) al pari di Francesco De Sanctis la fortissima pressione realistica ch’era penetrata in profondità con la dottrina e la sensibilità dei romantici. In questo senso la posizione del De Sanctis risulta oggi più avanzata e spregiudicata (e storicamente molto più congrua) di quella del Croce. Negli appunti di teoria letteraria (quelli, per esempio, a cui gli editori più recenti hanno dato per titolo I problemi dell’estetica moderna), fin dal 1843, che è una data abbastanza alta, il De Sanctis affrontava il rapporto del poeta con la realtà (sia quella di natura e sia quella della storia) e il vincolo tra fantasia e interpretazione del mondo, giungendo a risultati che in quegli anni sono da considerare tipizzanti e forieri di anticipazioni. La spinta sempre più incalzante verso una visione più schiettamente “moderna” dell’arte, come problematica dell’esistenza e del destino, è considerata dal De Sanctis, dietro la discorse traccia di Kant e di Hegel, in bilico fra immaginazione e filosofia, tra letteratura e scienza. Pur adoperandosi ad assicurare al momento poetico l’autonomia che gli è indispensabile, non può esimersi di ancorare “l’essenza dell’arte” ai “contenuti” e alle “situazioni” che le provengono dall’interpretazione della realtà vivente, contemporanea, attuale. In questa direzione il sondaggio desanctisiano è vigoroso e penetrante:” Kant lasciava due vie dopo il romanticismo, vie opposte che procedevano dalla medesima origine. L’uomo, che, esauriti tutti i suoi mezzi di conoscere, resta in ultimo nell’ignoranza, non ha altro scampo che la voluttà o la disperazione”.
Questi ultimi due stadi della conoscenza (come scienza e come arte) sono succedanei e ancora riecheggiano la mansione comune all’arte e alla scienza, “cioè la ricerca del mistero dell’universo”. E ancora “ Il mistero dell’universo è fonte comune e scopo dello studio dell’uomo: l’arte e la scienza sono due vie per raggiungerlo. La prima tenta la via dei sensi, poi quella de’ sensi e dello spirito, ed infine quella dello spirito. E, quando l’uomo esaurisce tutta la sua natura e resta nell’ignoranza, allora lo sconforto lo vince e nasce la voluttà e la disperazione. E però bene dicono coloro che chiamano Leopardi il poeta dei suoi tempi, il poeta che ha cantato la nenia dell’arte”.
Per la “disperazione” valeva la testimonianza leopardiana, per la “voluttà” il De Sanctis si riferiva a Byron: e mentre Leopardi si dà a “maledire il mistero”, il poeta inglese si abbandona alla “vita animale e sensitiva dell’uomo”. Passando ora dall’agnosticismo metafisico di ascendenza kantiana alla pressione della dialettica hegeliana, che aveva tracciato un grafico ideale e storico dell’arte nei suoi grandi stadi (l’arte del simbolo, l’arte classica, l’arte romantica, che costituiscono la triplice forma dello spirito per manifestare l’idea, che dopo l’ultima fase romantica avrebbe dovuto assistere all’estinzione dell’arte a favore dell’unico coefficiente intellettuale, la filosofia e la scienza), il De Sanctis riformula i principi di un’estetica che è chiamata ad affrontare i grandi problemi dell’essere”.(da S. Battaglia, Mitografia del personaggio, Rizzoli Milano 1968)
Virgilio Iandiorio

Salvatore Battaglia lettore di Francesco De Sanctisultima modifica: 2017-07-21T17:29:01+02:00da manphry
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